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Coopi e gli altri: gli interventi delle ong per evitare «un nuovo Corno d’Africa»
di Redazione
I segnali si moltiplicano. L’emergenza c’è e si aggrava di giorno in giorno. Le antenne delle ong impegnate nel Sahel continuano a registrare allarmanti indizi di una crisi alimentare che rischia di ripetere copioni tristemente noti, come quello del Corno d’Africa.
Nel distretto di Tillabéri, nell’ovest del Niger, i granai sono come dovrebbero essere a settembre, alla fine della stagione agricola, cioè quasi vuoti. Riempirli facendo scorte sul mercato è quasi impossibile per le famiglie contadine, con i prezzi dei beni alimentari triplicati. Di fronte a queste notizie, Coopi ha messo in piedi immediatamente una missione: «Lavoreremo nel distretto sanitario di Tillabéri», spiegano dalla sede italiana della ong. «Stanno per partire un nutrizionista e un esperto di sicurezza alimentare, che lavoreranno nei presidi sanitari esistenti per curare la malnutrizione infantile: in quella zona i villaggi distano in alcuni casi fino a 45 chilometri dal primo ambulatorio ed esiste un solo medico per 311mila abitanti». Un intervento di emergenza che si affianca all’attività “ordinaria” di Coopi nella zona, che si concentra in particolare in due zone zone del Ciad (Est e Sud) e che mira alla prevenzione delle situazioni di crisi che purtroppo, ciclicamente, si ripropongono in questa zona dell’Africa. Nel Sud Coopi supporta la gestione sostenibile delle risorse naturali da parte delle comunità locali e lo sviluppo economico, sostenendo l’attività di 30 selezionatissime e promettenti iniziative imprenditoriali nell’ambito del commercio, dell’artigianato, dell’agricoltura, dell’allevamento. Nell’Est si concentra sul rafforzamento del sistema sanitario nazionale. In tutte le zone d’intervento, inoltre, Coopi offre sia ad autoctoni che a rifugiati servizi e strumenti per emanciparsi dalla povertà estrema, vero “terreno fertile” in cui la malnutrizione attecchisce facilmente.
Sempre in Ciad, in particolare nella regione del Guerà, lavora anche Acra. Anche qui: l’obiettivo è la prevenzione, da anni, per arrivare “preparati” alle situazioni d’emergenza come quelle di queste settimane. Per esempio grazie alle cosiddette banche dei cerali, promosse dalla ong nella zona. Un’idea comunitaria che si basa su tre semplicissimi elementi: un magazzino per stoccare i cereali, un’assemblea di aderenti e un comitato di gestione. Al momento della nascita della banca il primo stock di cereali è donato da finanziatori o benefattori, e ciascuno dei soci mette una cifra di adesione. La banca entra in azione nel periodo di scarsità, erogando un prestito in cereali alle famiglie in difficoltà, in modo che possano continuare a coltivare e a sfamarsi senza ricorrere agli usurai. La prima banca ha aperto a metà degli anni 90, oggi sono più di 150. Nel 2009 questo sistema ha mitigato la crisi alimentare che ha colpito il Paese salvando migliaia di famiglie dalla fame. Anche in questa crisi, quindi, avranno un ruolo importante.
Come al solito la crisi colpisce in modo particolare i più vulnerabili: Save the Children calcola in circa 3 milioni i bambini a rischio nel solo Niger, dove l’organizzazione opera già da anni. Secondo il governo 33mila bambini non vanno più a scuola perché costretti a lasciare i villaggi con le famiglie. Per sostenere l’intervento in corso nell’area, Save the Children lancia una raccolta fondi di 30 milioni di sterline. E Oxfam, altra grande charity internazionale, si è data l’obiettivo di raccogliere 37 milioni di dollari per soddisfare I bisogni di un milione di persone nella regione del Sahel con aiuti vitali come cibo, denaro contante, aiuti per il bestiame, acqua, misure igieniche e sanitarie.
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