Prestare un anno di servizio civile all’estero è un’ottima occasione per mettersi in gioco. Farlo in una zona che da anni è nell’occhio del ciclone come Israele e i Territori palestinesi significa volere ancora qualcosa in più: «Cercare di essere un attore diretto nella mediazione dei conflitti, un ponte solidale ai civili di entrambe le parti in causa». Questa è stata la scelta di Cosimo Caridi, 28 anni, che tra il 2007 e il 2008 ha passato le proprie giornate, “armato” di penna e videocamera, tra la parte israeliana di Gerusalemme e la palestinese Betlemme grazie al progetto «Caschi bianchi, corpo civile di pace» dell’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. «Un’esperienza indimenticabile, proprio perché il nostro supporto era rivolto soprattutto a chi, israeliani e palestinesi, cerca una soluzione pacifica al conflitto», spiega Cosimo, oggi tornato a Torino e fresco di laurea in Relazioni internazionali con una tesi sugli aiuti umanitari in Palestina, «ispirata dall’anno di servizio civile».
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