Welfare

Croce, il borgo che vuole vivere a colori

Una piccola comunità in provincia di Reggio Calabria sta rinascendo grazie a un'originalissima serie di murales che hanno valorizzato i tratti distintivi dei piccoli centri calabresi: «Le facciate mai finite, i santi e le madonnine chiuse nelle teche e i panni stesi ad asciugare». Un lavoro che «ci ha dato una nuova identità», dicono gli abitanti

di Giulia Polito

Da Diamante a Sant’Agata del Bianco, da Riace a Pizzo, passando anche da Rogliano, Montepaone e altri ancora. La riqualificazione dei borghi antichi attraverso l’arte non è una novità in Calabria. Ma quello che da due anni a questa parte accade a Croce – piccola frazione del comune di Fiumara, a Reggio Calabria – è una storia ben diversa. È la storia di una piccola comunità resistente che vuole vivere a colori. Ci riesce grazie ad una guida combattiva e creativa che ha immaginato un progetto culturale in cui il fulcro non è il turismo di massa o il pregio artistico dei murales, bensì le persone che quel paese lo hanno costruito e ricostruito più volte. Il suo nome è Mariagrazia Chirico e a Croce è nata e cresciuta. Poi, come tanti altri, si è allontanata da casa per andare a lavorare altrove fino a quando, con lo smart working, è rientrata stabilmente a Croce.

Oggi il paese conta 45 abitanti di cui 2 bambini; durante l’estate si arriva a circa 150 abitanti con 20 bambini. È proprio durante un incontro estivo tra amici che nasce per gioco il primo murales di Croce. Ma quando l’estate finisce, le persone ripartono. Chirico resta, compra altra vernice e continua a dipingere, iniziando a costruire un paese a misura di sognatore. Crea un cartello segnaletico simbolico dove vengono riportati i luoghi in cui risiedono gli emigrati di Croce. Acquista online delle lettere in poliestere, le colora e crea una scritta: Borgo Croce. La scelta di utilizzare la parola “borgo” indica un’intenzione precisa. La riscoperta e la riqualificazione dei borghi storici italiani è un trend sempre in crescita, con il limite di mostrare spesso una finzione contrapposta alla realtà: borghi da sogno contrapposti ad un territorio martoriato dall’incuria e dalla scarsità di risorse. Borgo Croce, invece, vuole far emergere il meglio della propria identità senza tradirla. Come spiega Chirico «le facciate mai finite, i santi e le madonnine chiuse nelle teche e i panni stesi ad asciugare al sole sono i tratti distintivi dei paesi calabresi». Anziché provare a nasconderli, lei ha cercato di valorizzarli. Le case del “non finito” sono state dipinte e disegnate con gli antichi detti reggini, lungo una scalinata è riportato il testo di una canzone di Mino Reitano che proprio qui, a Fiumara, ha avuto le sue origini. L’unico punto di ristoro del paese – che serve esclusivamente prodotti della zona – è stato ricavato da un locale adiacente la chiesa. Un antico vicolo un tempo chiuso è stato riaperto, ribattezzato “Il Vicolo del bacio” e all’interno della nicchia è stata posta un’altalena. Negli angoli del paese fioriscono fiori di gomma eva. La scalinata che porta alla chiesa è stata arredata con divani, cuscini e poltroncine e vasi di fiori freschi. La comunicazione sui social network costituisce il 50% del progetto nella sua interezza: sono il mezzo attraverso il quale il paese sta facendo parlare di sé perché «un paese muore quando la gente smette di nominarlo».

Dalla prima mano di pittura sono passati quasi due anni: «Ho creato un luogo per me stessa – racconta Chirico – adesso a me piace stare qui». Ad aprile di quest’anno, grazie alla nascita dell’associazione Borgo Croce, le attività hanno iniziato a strutturarsi. È stata lanciata una campagna di raccolta fondi su GoFundMe grazie alla quale è stato realizzato un parco giochi per bambini. Sono iniziate ad arrivare le donazioni di altri enti e associazioni locali che stanno investendo su Borgo Croce. Il paese deve però la sua rinascita anzitutto ai suoi abitanti. Racconta infatti Chirico che «per i primi due anni le attività sono state autofinanziate. I primi materiali li ho acquistati personalmente, poi gli abitanti del posto hanno chiesto di partecipare. C’è chi ha acquistato la vernice, chi ha regalato le luci, un altro ancora ha concesso gratuitamente il terreno su cui ora sorge il parco giochi». Ogni mattina a Borgo Croce le persone si svegliano e scendono lungo le vie del paese per innaffiare le piante in vaso che adornano le strade. Il pomeriggio in piazza le signore friggono le crispelle da offrire ai passanti. Chi arriva a Borgo Croce entra nella casa di una grande famiglia più che di una piccola comunità.

È la seconda vita della comunità di Croce, storicamente abituata a rimboccarsi le maniche per prendersi cura del proprio paese. Domenico Santacati vive da sempre a Croce. «Negli anni ’50 le persone vivevano principalmente di agricoltura, – racconta – prima della coltivazione dei gelsi e l’allevamento dei bachi da seta, poi con gli agrumeti. Con gli anni ’70 e l’avvento dell’industrializzazione è iniziata la grande migrazione verso il Nord». Una storia comune a tutta la provincia di Reggio Calabria che ha sancito l’abbandono e la morte di molti piccoli paesi. A Croce i pochi rimasti in quegli anni si sono dati da fare, restaurando le case e la chiesa danneggiata dal terremoto del 1908 e dalla guerra, costruendo nuove piazze e punti di aggregazione: «Oggi Croce ha una nuova identità. Vediamo arrivare molte persone, non c’eravamo abituati. Per noi rappresenta una nuova sfida, ma l’affronteremo come siamo abituati a fare».

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