Diritti e salute
Cure palliative: agire ora, non ci sarà un’altra occasione
Gli strumenti legislativi ci sono tutti. Le cure palliative sono un diritto del paziente e non c'entrano con la decisione sul proprio fine vita. Garantirle a tutti è una questione che ha carattere d'urgenza per la crescita del bisogno, la carenza del personale e i finanziamenti dedicati che ci sono oggi. «Non ci sarà un'altra occasione» ripete da tempo il palliativista Gino Gobber, past president della Società italiana di cure palliative

È sufficiente parlare con un palliativista per scoprire che assicurare a tutti le cure palliative, come prevede la legge, non azzererebbe le richieste di suicidio medicalmente assistito. Semplicemente perché sono cose diverse e non è vero che la volontà di lasciare la vita sia conseguenza di uno stato di abbandono. I palliativisti intervengono sulla bozza di legge sul fine mossi anche dalla stanchezza di sentirsi tirare per la giacca senza essere ascoltati. «Lo andiamo ripetendo da tempo, la questione ha un carattere di urgenza, la copertura del bisogno di cure palliative è anche tra gli obiettivi del Pnrr, la programmazione ancora non c’è, ma non esisterà un’altra occasione per il sistema sanitario nazionale. Questa è l’ultima». A parlare è Gino Gobber, medico palliativista direttore del servizio cure palliative dell’Apss di Trento e past president della Società italiana cure palliative Sicp. Nel marzo del 2024, la società scientifica aveva presentato un documento tecnico da cui emergeva, tra le altre cose, una grave carenza di personale, con più del 50% dei medici palliativisti e oltre due terzi degli infermieri per l’assistenza di cure palliative specialistiche domiciliari mancanti all’appello. Oggi, a distanza di un anno e a pochi giorni dalla requisitoria del Procuratore generale della Corte dei Conti Pio Silvestri che ha puntato i riflettori sulla crisi della Sanità pubblica, in particolare su quella territoriale, e sull’inefficienza della medicina di prossimità («è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione» ha detto – a p.5 della requisitoria), cosa c’è da fare per rispettare gli obiettivi e far sì che le cure palliative siano un diritto realmente fruibile non solo sulla carta?
Le normative ci sono
«Le normative ci sono, bisogna agire» commenta Gobber. La Legge 106 del 2021 chiede alle Regioni di completare l’articolazione delle Reti di cure palliative entro il 2025: «A distanza di quindici anni dalla legge del 2010 che le istituisce, è il minimo». Il DM 77/22 definisce il ruolo di tali Reti nel panorama ampio di una sanità territoriale profondamente rinnovata, stabilendo un’unità di Cure Palliative Domiciliari e 8-10 letti in hospice per 100mila abitanti. Questo obiettivo di assistenza è in capo alle Regioni. Infine, la Legge 197/2022 fissa l’obiettivo della presa in carico del 90% del bisogno di cure palliative da raggiungere entro il 2028. Questo piano deve includere interventi per incrementare le unità di cure palliative domiciliari, i posti letto negli hospice, la formazione del personale e il miglioramento dell’informazione per cittadini e professionisti.
I dati
Secondo i dati che emergono dai flussi ministeriali, nel 2017 la copertura di cure palliative era tra il 23% e il 28% sulla mortalità a fronte di un bisogno tra il 69% e l’84%. A partire dal 2022 i nuovi flussi, raccolti ancor più rigorosamente, indicano che oltre il 68% del bisogno di cure palliative a livello specialistico in hospice e al domicilio è coperto. Tuttavia, «non è una stima reale della situazione; guardando al bisogno complessivo di cure palliative, sia a livello di cure palliative di base che specialistiche, a ricevere l’assistenza necessaria nel 2023 è stato un 33%, un bel ridimensionamento» fa osservare Gobber. Per arrivare a garantire entro il 2028 la copertura al 90% della popolazione, la legge di Bilancio 2023 prevede l’obbligatorietà per le Regioni di trasmettere il proprio piano annuale di potenziamento delle cure palliative. Ebbene, secondo i dati Agenas, contenuti nel documento «risultati dell’analisi dei piani di potenziamento delle cure palliative per le regioni/p.a. e lo stato di attuazione riferite all’anno 2024», ben cinque Regioni che sono Calabria, Campania, Piemonte, Sicilia e Valle d’Aosta non hanno tramesso alcunché. Calabria e Campania non l’hanno presentato neppure per l’anno 2023. Bene Liguria, Toscana, Trento e Bolzano e Veneto che hanno piani completi ed esaustivi in tutte le componenti previste.
Interpretare bene i dati
Il DM 77/2022 prevede anche che il 10% della popolazione over 65 venga presa in carico progressivamente con l’Assistenza Domiciliare Integrata, la casa essendo il primo luogo di cura. Per questo, ci sono anche i fondi del Pnnr. E l’obiettivo è centrato da molte Regioni, contando i pazienti presi in carico. La semplice conta ha molto poco senso se non nell’ottica di far quadrare i conti e barrare la casellina. Incrociando questo dato con quello della copertura del bisogno delle cure palliative sembrerebbe quasi che, per raggiungere il target, la presa in carico sia maggiore tra chi necessità minori intensità e frequenza di cure. Il dato preliminare dell’assistenza territoriale del Piemonte nel 2024 indica una presa in carico del 14% – invece che del 10% – degli over 65. Le cure palliative sono al 65% – sotto la media nazionale del 68%; e una presa in carico generale del 27,1% invece che del 33% nazionale. Il timore è che voler centrare l’obiettivo numerico «rischi di distogliere ancora una volta l’attenzione dall’obiettivo vero, che è quello di costruire la medicina del territorio, dove finalmente il cronico, il fragile, il complesso vengano presi in carico e possano trovare risposte ai propri bisogni» conclude Gobber. «Non si può continuare a non occuparsi seriamente di fragilità e terminalità». La crescita della spesa sanitaria delle famiglie (out-of-pocket), che ha superato i 40 miliardi di euro nel 2023, è indicatore di questa fragilità del sistema.
L’obiettivo vero è quello di costruire la medicina del territorio, dove il cronico, il fragile, il complesso vengano finalmente presi tutti veramente in carico
Gino Gobber
Ora a chi tocca?
«Ora chi tocca? Alle Regioni, il cui obiettivo non deve essere centrare l’obiettivo per mettere in ordine il bilancio» affonda Gobber, che spiega: «Il DM 77 ha due gambe. La prima è quella delle case di comunità, e qui i problemi attuali sono chiarissimi. La seconda è la casa come primo luogo di cura: in un’epoca di transizione demografica, sociale ed economica, tra dieci anni sarà troppo tardi, le metriche non sono chiare, bisogna lavorarci ora».
Il modello cure palliative
Le parole chiave sono quelle che i palliativisti ripetono da tempo, non certo da ieri, e sono: «Pianificazione condivisa delle cure, continuità delle cure, consapevolezza, valorizzazione e integrazione delle competenze esistenti, coinvolgimento dei diversi specialisti, lavoro di equipe, presa in carico versus prestazione» ripete instancabile Gobber. Quello della rete di cure palliative è un modello organizzativo paradigmatico, che prevede un’alleanza tra medicina generale, l’assistenza domiciliare integrata a livello base e il sapere specialistico di chi guida la rete. I palliativisti lavorano a stretto contatto con tutte le società scientifiche, oncologia geriatria internisti intensivisti e la pediatria. «Serve un potenziamento» dice il palliativista «E il superamento di carenze strutturali, organizzative e culturali».
Bisogni insoddisfa dato
Infatti, su 590 mila adulti che ne avrebbero necessità, solo 1 paziente su 4 ha effettivo accesso a percorsi specifici di cure palliative. E quando si arriva agli ultimi giorni di vita, non sono comunque garantite a tutti ma solo al 68% dei pazienti che ne hanno bisogno. Soltanto 9 regioni soddisfano pienamente il fabbisogno di équipe palliative domiciliari e solo 5 regioni su 21 hanno strutturato l’attività di consulenza intra ed extra ospedaliera per la presa in carico precoce, 3 su 21 il livello ambulatoriale.
Cosa vuol dire non avere le cure palliative?
«Rispondo a questa domanda con un unico dato esemplificativo: chi è preso in carico dalle cure palliative può decidere dove morire» risponde Gobber, riportando l’esempio di Lecco, dove è stato fatto un grande lavoro e, nel 2017, la rete locale di cure palliative aveva in carico 687 persone; il decesso è avvenuto nell’1,89% dei casi in ospedale, 8,7% in hospice, 89,4% al domicilio. L’hospice e il domicilio sono i due nodi della rete palliativa. Nel frattempo, nel 2016, in Lombardia, il decesso dei pazienti oncologici è avvenuto nel 33% dei casi in ospedale e a Lecco nel 22%. Il luogo di decesso è un indicatore significativo. Poter scegliere di restare o meno al domicilio è possibile quando si ha un sistema di protezione intorno al paziente e al caregiver che si prende cura di loro. Quando le cure palliative prendono in carico il nucleo familiare, capiscono fino a quando la situazione è sostenibile al domicilio per il bene di tutti e propongono la soluzione migliore dove l’obiettivo è sempre la tutela del paziente.
Foto della Federazione italiana cure palliative
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