Non profit

«Da questa malattia non si guarisce mai»

L'ex giocatore

di Redazione

Professionisti dell’azzardo che per scommessa rischiano casa, famiglia e lavoro. Ma come si diventa gamblers? La parola a un giocatore, oltre 10 anni spesi a inseguire l’illusione della vincita, da un anno e mezzo in terapia presso l’Associazione Papa Giovanni XXIII di Reggio Emilia.
Sandro (nome di fantasia) fa l’operaio, la tempra tipica emiliana, dei suoi 43 anni «troppi» votati al gioco. «Ho cominciato da ragazzino, la schedina del Totocalcio con gli amici». Poi una grossa difficoltà al lavoro e arriva forte il richiamo dell’azzardo: i cavalli, una rete di scommesse organizzate, «nel giro di quindici giorni sono diventato un broker. Facevo le giocate per gli altri e mi prendevo le quote». Galeotti tre tris successivi, una supervincita da 15 milioni di vecchie lire, che ha tenuto a battesimo l’inizio di una dipendenza che sarebbe durata 12 lunghi anni. Una memoria lucidissima per le date delle giocate e una dimestichezza sorprendente con i numeri.
Com’è possibile tanta perdita di controllo? «È una droga: più vinci, più vuoi vincere, e più perdi». Prestiti a destra e a manca, «un sacco di bugie». Sandro ha detto basta quando la moglie l’ha buttato fuori casa, «allora ho capito di aver toccato il fondo». Da quel giorno è tutta un’altra storia e, forse, tutto un altro Sandro: rientrato in famiglia, occupato a recuperare gli anni regalati al gioco, e impegnato nel gruppo di terapia. Guarito? «Guarito no. Le tentazioni sono dappertutto».

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