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Attivismo civico & Terzo settore

dalla tv alla strada: ecco la onlus che va controcorrente

Associazione Trenta Ore per la vita

di Daniela Verlicchi

Un progetto che nasce in tv, ma poi ne esce. È il percorso sui generis di Trenta ore per la Vita, l’associazione che dal 1994 raccoglie fondi per progetti di altre realtà non profit attraverso la tv. Una causa all’anno (la cura dell’Aids, l’epilessia etc?) da sostenere con progetti concreti sul territorio che, portando il brand Trenta ore per la Vita, diventano un ottimo biglietto da visita per la onlus.
Tutto nasce una quindicina di anni fa a Cologno Monzese, ricorda Lorella Cuccarini, fondatrice e socia dell’associazione: «Eravamo io, mio marito Silvio Testi, il maestro Vessicchio e altre 6 o 7 persone. Ci siamo detti: “Perché non mettere le nostre professionalità a disposizione di cause più importanti?”». Detto, fatto: nasce la maratona tv al servizio del volontariato. Dopo 30 ore di diretta sulle reti Mediaset, la Cuccarini è quasi afona, ma pronta a ripartire. Il format della trasmissione cambia parecchie volte: nel 2004 passa alle reti Rai e si trasforma da una due giorni full immersion a una settimana di sensibilizzazione, con incursioni in programmi già esistenti. Anche la raccolta finale varia negli anni: dai 17 miliardi di lire nella prima edizione, ai 20 superati nel 1996 ai 2 milioni e 200mila euro dell’anno scorso («nella nuova collocazione non si poteva aspirare alle cifre di prima», spiega).
Ma è dopo la maratona che «viene il bello», racconta Lorella. Il fundraising esce dal piccolo schermo ed entra nella vita reale. Prima di tutto attraverso il mailing: tre lettere inviate durante l’anno agli 800mila donatori che hanno contribuito alla raccolta in tv (gli indirizzi si ricavano dal mittente postale delle donazioni). E poi cercando di valorizzare e pubblicizzare i risultati raggiunti. Un esempio? Le tante inaugurazioni delle strutture finanziate con la raccolta di Trenta ore: «Non me ne perdo una», racconta Lorella. «È la parte più bella, caratteristica del nostro modo di lavorare». «I progetti da finanziare infatti vengono scelti tra quelli che hanno meno accesso a fondi pubblici, che sono realizzabili subito e hanno una ricaduta concreta sul territorio», chiarisce Andrea Enea, responsabile dei Rapporti istituzionali. Risultati concreti, subito e “sotto casa”: ecco il mantra dell’associazione. «Passando accanto a una struttura Trenta ore per la Vita della propria città, il nostro donatore deve dire: “Lì ci ho messo 10 euro anch’io”». Questa immediatezza si riflette sulla struttura dell’associazione: essenziale (due dipendenti a tempo pieno in tutto) e concentrata sul fundraising, il core-business della onlus di secondo livello. Tolte le spese per la maratona (il 22%), la raccolta va agli enti che realizzano i progetti. «E qualche volta, finanziandone uno, è successo che alcune grandi aziende ci abbiano seguito». Il fascino della tv.


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