Professioni di cura
Dare valore al lavoro sociale: traiettorie per il futuro
Il riconoscimento del lavoro di cura è uno dei grandi temi su cui si gioca il futuro del welfare, che oggi convive con una grave carenza di personale. A Torino il convegno nazionale Uneba incontra la politica per riflettere su possibili soluzioni, etica e impegno per un contratto collettivo di lavoro unico per tutti gli enti e i lavoratori del sociosanitario

La grave carenza di personale nelle strutture che accolgono anziani non autosufficienti, persone con disabilità e minori senza sostegno familiare. Il valore e il senso del lavoro sociale. La contrattazione nazionale e territoriale per un riconoscimento economico adeguato al carico di responsabilità abbinato alla cura. Sono i tre macro temi su cui si concentrerà a Torino il convegno Uneba “Il lavoro tra professionalità e valore etico della cura”, in programma giovedì 19 e venerdì 20 giugno al Novotel di corso Giulio Cesare.
In tutta Italia sono oltre un migliaio gli enti associati Uneba (un centinaio soltanto in Piemonte) che si prendono cura dei più fragili «per missione e non per profitto». È pensato per loro, ma non solo, un momento di confronto che non a caso ha scelto il Piemonte, una regione in cui la riflessione sul lavoro sociale è aperta da mesi e coinvolge istituzioni, operatori, beneficiari dei servizi ed enti gestori. Ne abbiamo parlato con Amedeo Prevete, presidente Uneba Piemonte, che insieme al presidente nazionale Franco Massi ha pensato a Torino per un appuntamento che si preannuncia denso di contenuti.
Nella culla del welfare
«Il Piemonte è stata la culla del welfare italiano e, senza rischi di smentita, a livello mondiale», spiega Prevete. «Quasi 200 anni fa un sacerdote di nome Giuseppe Benedetto Cottolengo, nativo di Bra e canonico del Corpus Domini di Torino, ebbe l’ispirazione, affidandosi alla Divina Provvidenza, di far nascere una Casa in cui dare risposte (in quel contesto sociale inesistenti) ai bisogni sociali e sanitari degli ultimi. Pochi anni dopo don Cottolengo, nel solco tracciato dalla carità e dall’attenzione alle fragilità di ogni estrazione sociale possibile, don Cafasso e don Bosco implementarono e favorirono una dimensione di welfare che ha coperto un sempre più ampio ventaglio di fragilità senza risposte».
Secondo Prevete, c’è un altro motivo che ha a che fare con le radici di questo territorio. «Il Piemonte, attraverso la Fiat e i suoi lavoratori, è stata per decenni, insieme a qualche altra grande impresa, il “motore” dell’Italia. Non mi soffermo su alcuni aspetti che sono fondamentali ma divisivi della storia di questa azienda, ma su un aspetto che sarà centrale nel nostro convegno ovvero le “sane e oneste” (aggiungo non sempre semplici) relazioni “industriali” su cui si sono strutturate importantissime pagine della storia della contrattazione collettiva nazionale italiana. Personalmente nel nostro settore non mi piace definirle relazioni industriali (benchè tecnicamente lo siano) ma di relazioni tese e costruire condizioni favorevoli a uno sviluppo coerente sia degli enti non profit sia dei lavoratori che sono parte integrante dell’ente stesso».
Il Piemonte, dunque, può diventare una palestra di sperimentazione per nuovi modelli di assistenza, «sia per quanto riguarda i modelli di servizio sia negli aspetti contrattuali e giuslavoristici, perché nella storia lo è stato, e oggi la nostra regione deve tornare a esserlo proprio per la “genetica” che la contraddistingue».
Cosa fare per arginare la carenza di personale
La grave carenza di personale nelle strutture residenziali per anziani e affini è una criticità sempre più urgente. «Ormai è sistemica», commenta Prevete: «il sistema oggi sta funzionando al 90%, in quanto molti servizi sono fermi per carenza di personale. Mediamente, su figure professionali come gli operatori socio sanitari e gli infermieri, nel nord Italia la carenza è a mio avviso stimabile in circa il 15% del fabbisogno (con punte fino al 30% in determinati territori) rispetto all’attuale volume di servizi. Oggi è possibile rispettare gli standard normativi di servizio ma non si riesce a garantire, quantomeno in termini quantitativi, i maggiori standard che il nostro mondo non profit ha sempre erogato».

Una possibile risposta è stata elaborata nel 2024 con il progetto Zefiro, che verrà presentato a Torino nella due giorni. A cura di Uneba Veneto con l’appoggio di Fondazione Samaritanus, come si legge sul sito, «costruisce percorsi di ingresso regolare in Italia di personale sociosanitario formato in istituzioni educative estere seguendo tutti i passaggi richiesti dalla complessa normativa di settore, supportando le strutture nel percorso di assunzione e facendosi portavoce di una problematica comune: la crescente necessità di personale per le strutture di assistenza, visto il progressivo aumento della popolazione anziana e fragile e l’evoluzione dei bisogni di assistenza». Una rete internazionale di collaborazione tra Paesi e tra enti di formazione, che punta a creare le condizioni per «un’efficace integrazione di lavoratrici e lavoratori stranieri».
Il valore e il senso del lavoro sociale viaggiano di pari passo con il riconoscimento economico. Uneba, oltre ad aver recentemente rinnovato il contratto, prosegue il suo impegno per arrivare a un contratto collettivo di lavoro unico per tutti gli enti e i lavoratori del sociosanitario non profit e privato. «Il contratto unico è un obiettivo molto importante per rendere il nostro settore uniforme e omogeneo per tipologia di ente gestore», aggiunge Prevete. «Mi spiego meglio. Oggi il numero di contratti è molto ampio ma molti di loro, con specifico riferimento alle parti datoriali non profit, convergono per diritti e doveri sia economici che normativi verso lavoratori ed enti datoriali. La coesistenza di più contratti in ogni settore è un modello che a mio avviso deve essere superato. Penso che siano necessari ancora alcuni approfondimenti ma il convegno di Torino sarà una tappa molto importante».
Il programma
Il convegno coinvolgerà le istituzioni a tutti i livelli: comunale, regionale e governativo. Giovedì 19 si aprirà alle 14,30 con i saluti di Franco Massi e Amedeo Prevete, rispettivamente presidenti Uneba nazionale e piemontese. A seguire, interverranno (alcuni in video) il referente per la Pastorale della Salute della Diocesi di Torino don Paolo Fini, il ministro della Salute Orazio Schillaci, la viceministra del Lavoro Maria Teresa Bellucci, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi e la presidente del Consiglio comunale di Torino Maria Grazia Grippo.
Le prime due relazioni saranno affidare a padre Carmine Arice, padre generale del Cottolengo di Torino, (“Ricerca di senso nel servizio. Il valore del lavoro nel mondo Uneba”) e a Giovanna Pacchiana Parravicini, docente del Dipartimento di giurisprudenza all’Università di Torino (“La contrattazione nazionale e la contrattazione territoriale”). Seguirà un focus sull’applicazione del contratto Uneba recentemente rinnovato, sulla formazione e sul progetto Zefiro.
Venerdì 20 Olga Rubagotti parlerà de “Il Ccnl come strumento di promozione della parità di genere” e i rappresentanti delle professioni sanitarie e sociosanitarie Fnopi (infermieri), Tsrm-Pstrp (educatori e fisioterapisti), Cnoas (assistenti sociali), Ansdipp (dirigenti) dialogheranno su “La professionalità nel lavoro e il valore delle professioni”. Nell’ultima sessione, si affronterà il tema del contratto collettivo di lavoro unico per tutti gli enti e i lavoratori del sociosanitario non profit e privato.
L’immagine in apertura è di Medicalert su Unsplash. La fotografia nel testo è stata fornita dall’intervistato
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