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Darfur: John Negroponte a Khartoum, accetti forze Ua

Il vice segretario di Stato americano John Negroponte: se il regime sudanese non accetta forza Onu rischia l'isolamento internazionale

di Redazione

Se il governo del Sudan vuole rafforzare i suoi rapporti con Washington e non rischiare di rimanere isolato sulla scena internazionale deve consentire il dispiegamento di una forza di pace dell’Onu in Darfur. E’ quanto ha dichiarato il vice segretario di Stato americano John Negroponte al termine di una visita di cinque giorni nel Paese africano dove, secondo quanto riportato dall’Agenzia di stampa saudita Spa, il Sudan ha firmato un accordo con Nazioni Unite e Unione africana (Ua) che definisce il ruolo rispettivo delle tre parti nel Darfur. “Dobbiamo affrettarci a mandare sul campo una forza di pace ibrida Onu-Ua”, ha detto Negroponte, “per spianare la strada agli aiuti umanitari e mettere fine alla grave situazione in cui versano i civili nella regione”. Il piano elaborato l’anno scorso dall’allora segretario dell’Onu Kofi Annan prevedeva tre fasi. Con le prime due, gia’ concluse, Khartum ha accettato che le Nazioni Unite fornissero aiuti tecnici e logistici ai ‘caschi verdi’ africani. Alla terza e ultima fase, che prevede il dispiegamento di una forza di pace Onu sul terreno, Khartum non ha ancora dato il suo assenso. Intanto, la pressione diplomatica sul governo del Sudan per risolvere la crisi in Darfur arriva anche dalla Libia. Due giorni fa una fonte governativa ha annunciato che il 28 aprile si terra’ a Tripoli una conferenza internazionale per trovare una soluzione che metta fine a quattro anni di guerra civile. Vi parteciperanno delegazioni di Sudan, Ciad, Eritrea, Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Africana e Unione Europea. La Libia ha ospitato negli ultimi due anni diversi vertici sul Darfur. Sostenuto dagli Stati Uniti, Gheddafi cerca una soluzione africana alla crisi nella regione e in particolare alla frattura tra Sudan e Ciad. Negroponte sara’ nei prossimi giorni a Tripoli. Da decenni gli Stati Uniti non inviavano in Libia un rappresentante diplomatico di cosi’ alto livello.

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