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Di quale Atene parliamo?

Mancano dieci giorni alle elezioni e la sinistra italiana attende una rivoluzione che non arriverà. I "nostri" intellettuali discettano sulle ricette del socialdemocratico di turno, così come avevano fatto col dimenticato Zapatero, e la troika è implicitamente costretta a confidare nelle ‘albe dorate’ dei nuovi fascismi. Ma ad Atene è inverno e basta scendere per strada per incontrare la realtà

di Valentina Porcheddu

Mancano dieci giorni alle elezioni greche, alle quali la politica – più che la comunità ‘vera’ – europea guarda con speranza o preoccupazione. Speranza nella vittoria di Syriza per i ‘progressisti’, preoccupazione per le conseguenze del programma ‘social-democratico’ che Alexis Tsipras promette di attuare, per i ‘conservatori’.

Da Zapatero a Tsipras: parole, parole e poi?

Mentre la sinistra italiana impazzisce per il ‘guru’ di turno (un tempo fu Zapatero, ora è il momento di gloria di un eroe dell’epica contemporanea) e la troika implicitamente costretta a confidare nelle ‘albe dorate’ dei nuovi fascismi, ad Atene è inverno.

Profughi siriani a Atene

La cima dell’Imetto è innevata ma la già di per sé bianca metropoli dell’Attica è ammantata della luce di un sole tuttavia tiepido. In questo inizio anno, piazza Syntagma – dove sorge il Palazzo che custodisce la più antica democrazia d’Occidente – mi appare terribilmente vuota. A metà dicembre è stato sgomberato il presidio dei rifugiati siriani che chiedevano di poter raggiungere i loro familiari oltre la frontiera.

Rifugiati siriani a Atene

Non è bastata la morte di due manifestanti (il primo è deceduto per il freddo mentre tentava di attraversare il confine tra Grecia e Albania, il secondo è perito in seguito ad un estenuante sciopero della fame) a smuovere qualche coscienza.

Profughi siriani a Atene

I migranti sono stati rimpiazzati dagli addobbi natalizi, tra i quali spiccava il tradizionale vascello. Un simbolo caro al popolo di Odisseo ma purtroppo fatale a migliaia di Argonauti del XXI secolo sbarcati nelle nostre aspre Colchidi alla ricerca di un vello di umanità.

Il passo veloce dell'indifferenza

Al lato del fastoso Hotel Grande Bretagne, la gente si muove né in fretta né con lentezza. È il passo della vita quotidiana, per chi può ancora contare su una normalità fatta di shopping e di caffè. Così non sembra affatto disturbare il ‘paesaggio emozionale’ di chi cammina, la presenza di un senza-tetto di cui si scorge la forma del corpo abbandonato sotto una coperta di lana.

Atene, oggi

Tra il vuoto pesante di una piazza che ha negato diritti ai più deboli e il pieno di una coperta che avvolge la solitudine dei cosiddetti ‘prodotti’ della crisi, c’è spazio per un panino. Quello che mangia un gipsy sui gradini di un palazzetto della Plaka, il quartiere dell’edonismo a buon mercato.

Quando mi avvicino per dargli qualche moneta scorgo la sua fisarmonica. Lo ritroverò di sera, nello stesso posto, a suonare per i pochi turisti che la stagione attira e mi rallegrerò pensando che ha un lavoro: illegale, disprezzato, perseguito ma pur sempre un lavoro.

Passeggiando ai piedi del Partenone – la stella polare del firmamento ellenico, sempre accesa di bellezza anche di giorno – costeggio l’Agorà ‘classica’ e poco prima di sbucare sull’animata Odos Adrianou m’imbatto in una baracca costruita con teli di plastica e altri materiali di riciclo (la vedete nella fotografia qui sotto). Dentro si agita un uomo che mi pare vecchio, forse solo di fatiche e stenti.

Mi vengono allora in mente i pappagalli che ripetono Tsipras-Tsipras…o gli analisti-stregoni che nei salotti radical-chic pensano ad Atene come alla polis di un illuminismo prossimo venturo che spazzerà le ingiustizie sociali e sostituirà la parola austerity con un verso di Alceo.

Ci sono davvero rivoluzioni possibili senza l’esercizio di uno sguardo rivolto al prossimo, oltre lo schermo e l’opportunismo di una politica becera quanto la propaganda di falsi ideali?

Bastano forse l’hashtag #jesuischarlie e una marcia in cui improvvisamente divengono tutti enfants di una patria universale a farci credere che liberté, égalité et fraternité  rifonderanno questa ‘povera’ Europa minacciata dal terrorismo islamico e dalla sovranità delle banche? ‘Ripartiremo dalla Grecia’, dicono.  Sì, ma quale?

 

Atene giovedì  15 gennaio

 

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