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Diritti, ma non per tutte le tasche

Arrivano i diritti in base al reddito. Ecco come funzioneranno

di Michele Caropreso

Il governo Prodi sembra averla scelta proprio in questi giorni come ricetta per riformare il Welfare, e la carta di credito sociale, il ?riccometro?, ha scatenato un mare di polemiche. Chi teme il ritorno di Baffone, chi elogia una scelta finalmente davvero equa. Ma intanto, a Trento, un riccometro universitario funziona già da sei anni, selezionando i ragazzi che chiedono borse di studio e altre agevolazioni non solo sulla base dell?Irpef. Un meccanismo che quando è nato rappresentava una sorta di eresia, e che oggi viene imitato dall?esecutivo per tentare di eliminare le distorsioni di un sistema di protezione sociale che mostra ormai tutti i suoi limiti. Siamo andati a vedere cosa è successo in questa sorta di laboratorio. «Abbiamo potuto avviare questo esperimento solo grazie alla particolare autonomia di cui gode la nostra Provincia, in un periodo in cui la ricchezza delle famiglie degli studenti si misurava unicamente sulla base della dichiarazione dei redditi». Chi parla è il professor Gianfranco Cerea, preside della facoltà di Economia all?Ateneo di Trento, e inventore del metodo ?Clesius? (così si chiama il riccometro universitario). Lo studente che fa richiesta di una borsa di studio, o di una agevolazione per l?affitto di una casa, si presenta all?apposito sportello della segreteria con la dichiarazione dei redditi, ma non solo. Gli viene consegnato un modulo da riempire con una serie di informazioni, relative al patrimonio mobiliare e immobiliare della famiglia (Bot compresi), alla composizione del nucleo familiare, a eventuali investimenti finanziari e altre fonti di reddito. Tale modulo vale come autocertificazione, nel senso che sulla base di quanto dichiarato nel questionario, in un tempo non superiore ai dieci minuti, il computer dell?Opera universitaria, debitamente programmato, dice se e in quale misura lo studente ha effettivamente diritto alle agevolazioni in questione. Da sei anni funziona così L?introduzione di questo nuovo metro di valutazione della ricchezza delle famiglie ha avuto un effetto immediato: nel 1992, ultimo anno prima della sua introduzione, il 52 per cento degli studenti ammessi alle borse di studio erano figli di lavoratori autonomi: liberi professionisti, industriali, commercianti. L?anno seguente tale percentuale è precipitata al 3,5 per cento, per stabilizzarsi poi attorno al 10 per cento. Mentre i figli di impiegati e pubblici dipendenti, che prima del 1992 erano soltanto una sparuta minoranza, hanno ottenuto un numero sempre maggiore di borse di studio. «Un dato che non ha nulla a che vedere col classismo», spiega Prisca Penner, responsabile del settore assistenza dell?Opera universitaria, «ma che discende semplicemente dal fatto che per i liberi professionisti l?Irpef è generalmente molto meno indicativa del reale benessere economico complessivo di quanto non lo sia per un impiegato». I ricorsi? Davvero pochi E lo scarso numero di ricorsi contro le decisioni dell?Opera, ente provinciale che gestisce l?assistenza universitaria, da parte degli studenti esclusi è significativa: «Nei primi due anni i ricorsi sono stati abbastanza frequenti», prosegue la Penner, «perché il meccanismo era nuovo e insolito, andavamo a frugare nei conti in banca delle famiglie. Ma col passare degli anni il loro numero si è ridotto sempre di più, tanto che lo scorso anno ne abbiamo avuti solo due, peraltro in seguito ammessi». Ma c?è un altra caratteristica del metodo Clesius che lo rende particolarmente elastico: il sistema dei cosiddetti ?insiemi sfocati?. Spiega Carlo Borzaga, che a Trento insegna Politica economica: «Classifichiamo gli studenti in base a una serie di indicatori, che però non vengono intesi in modo eccessivamente rigido. Se ad esempio una famiglia ha un reddito più alto del previsto, ma nel nucleo c?è un anziano che ha bisogno di cure, ne teniamo conto. La valutazione, insomma, è complessiva, e cerca di cogliere il vero livello di benessere della famiglia di appartenenza. E poi le borse di studio non sono uguali per tutti: i benefici erogati vengono graduati in base alla situazione del richiedente». Nessuno ci ha chiesto un parere Ma davvero tutto questo può costituire un valido e serio esempio per il nuovo meccanismo ai benefici dello Stato sociale che Visco e colleghi stanno mettendo a punto di questi tempi? La risposta, non priva di una certa vena polemica, viene dal professor Cerea: «Il fatto che il governo abbia praticamente deciso di seguire il nostro modello, che peraltro è stato recepito dalla recente legge sul diritto allo studio (Decreto della presidenza del Consiglio dei ministri 116 del ?97 ndr), è sicuramente positivo, perché può aiutare a creare un sistema di protezione sociale più giusto e a eliminare tutti i privilegi. Ci sono però due elementi che mi lasciano molto perplesso: il primo è che nessuno ci ha contattato dal ministero delle Finanze, nonostante la nostra esperienza ormai pluriennale. Evidentemente pensano di poter fare tutto da soli. Ma forse il fatto più grave è che il sistema può funzionare solo se organizzato a livello locale, municipale. Questo perché ogni realtà sociale ha le sue caratteristiche, e riuscire a campare con un milione e mezzo al mese a Roma o Milano è sicuramente molto più difficile che in un piccolo centro». Riccometro L’ultima “carta” di Visco Ancora non si sa se si chiamerà riccometro o carta di credito sociale, né si conoscono con precisione le sue modalità di applicazione, ma una cosa è certa: l?accesso alle prestazioni dello Stato sociale sarà presto regolato da un meccanismo nuovo, che terrà conto non solo del reddito degli interessati, ma anche di tutta una serie di altri indicatori: il patrimonio mobiliare e immobiliare (case, terreni, azioni, Bot), il livello dei consumi (tipo e numero di auto possedute, eventuale possesso di barche, etc.), la composizione del nucleo familiare. Questi dati dovranno essere forniti dal cittadino all?amministrazione di base (per esempio, il Comune) alla quale si rivolgerà per ottenere la prestazione sociale, assistenziale o sanitaria in questione. In base ai dati forniti, al richiedente verrà assegnato un punteggio, che indicherà se ha diritto all?erogazione gratuita della prestazione che chiede, oppure se il suo livello economico è troppo elevato. Sono poi allo studio meccanismi in grado di assicurare al sistema un buon grado di elasticità. I dati forniti nella forma dell?autocertificazione, naturalmente, autorizzeranno l?amministrazione a controllarne la veridicità, e in caso contrario a prendere i provvedimenti del caso. Insomma, anche se l?obiettivo principale del nuovo strumento sarà quello di garantire una maggiore equità nell?accesso alle prestazioni dello Stato sociale, è evidente il riflesso del riccometro nel campo della lotta all?evasione fiscale.


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