Politica
Disabilità e lavoro, cosa dicono le nuove norme
Il Governo ha approvato ieri tre nuovi interventi normativi a sostegno del lavoro delle persone con disabilità. Il commento di Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana Superamento Handicap
Il Consiglio dei Ministri del 1° maggio ha approvato il primo decreto attuativo della legge n. 227/2021, conosciuta come legge delega al governo in materia di disabilità. Riguarda la riqualificazione dei servizi pubblici per l’inclusione e l’accessibilità, prevedendo la rimozione delle barriere e l’introduzione di tutti gli accomodamenti ragionevoli per garantire ai lavoratori e lavoratrici con disabilità lo svolgimento delle loro mansioni e dei loro ruoli in piena autonomia. «Un decreto importante anche perché dà il senso della volontà del Governo di arrivare quanto prima all’approvazione anche degli altri decreti attuativi previsti dalla delega sulla disabilità, sappiamo quanto il rispetto delle scadenze previste sia importante per il Pnrr», sottolinea Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana Superamento Handicap-Fish, una delle principali organizzazioni impegnate sul fronte della tutela e la promozione dei diritti delle persone con disabilità.
Una buona notizia quindi, che però non può far dimenticare il fatto che la Pubblica Amministrazione quanto ad assunzioni di persone con disabilità invece di dare l’esempio e di rispettare ciò che è previsto dalla legge 68 è lei stessa per prima largamente inadempiente: i dati relativi al 2019 dicono che il 44,9% delle 95mila aziende e Pubbliche amministrazioni tenute all’adempimento normativo non sono completamente allineate, dal momento che non hanno coperto completamente o in parte la quota di “posti” da riservare alle persone con disabilità. Anche in ambito pubblico, il 33,1% delle organizzazioni è inadempiente.
A fronte dei 360mila occupati dichiarati dalle aziende in ottemperanza alla Legge, ci sono infatti 145mila posti di lavoro “vacanti”, ovvero posti “riservati” alle persone con disabilità ma non ancora coperti: sono il 29% del totale della “quota di riserva”. Ciò significa che ogni 100 occupati con disabilità vi sono 40 opportunità di lavoro scoperte: posti che, se attivati, porterebbero a quota 500mila le persone con disabilità occupate. «Sempre poco rispetto alla fotografia fatta dall’Istat per cui appena il 19,5% delle persone con disabilità sono occupate e il 70% non cerca neanche lavoro perché sfiduciato, nonostante molte abbiano un titolo di studio importante», ricorda Falabella.
«Se in primis è lo Stato a non dare attuazione alle leggi che scrive, anche il privato si sente legittimato a cercare di sottrarvisi. Ancora troppi preferiscono pagare la sanzione amministrativa piuttosto che assolvere l’obbligo assunzione delle persone con disabilità perché c’è ancora il pregiudizio per cui la persona con disabilità è improduttiva e sul lavoro è un peso. Questa mattina ho partecipato a una trasmissione radiofonica e un ascoltatore ha mandato un messaggio che affermava questo. Ma non è vero, i dati ci dicono che gli occupati con disabilità non solo sono lavoratori attenti e produttivi, chiaramente se le loro postazioni sono adeguatamente strutturate e se sono adeguatamente supportati: qui sta la novità importante prevista dal decreto di ieri», spiega Falabella. «La cosa che mi lascia sempre un po’ perplesso è che in Italia bisogna intervenire con le norme o con le sentenze: serve anche un salto culturale per portare tutti, nella quotidianità, ad adottatare quegli accomodamenti ragionevoli che possono mettere le persone con disabilità nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo lavorativo al meglio. Dobbiamo recuperare il gap che esiste tra la normativa estremamente avanzata che abbiamo in materia di disabilità e la realtà. Il problema di fondo è che il mondo del lavoro non è aperto alle persone con disabilità, c’è ancora reticenza nel valutare le persone per le loro competenze: a me piacerebbe che venisse superata l’imposizione da parte della norma e che una persona con disabilità fosse assunta per le sue competenze e non perché la legge 68 lo impone».
Occorre superare il gap che c'è tra una normativa all'avanguardia e la realtà. A me piacerebbe che venisse superata l’imposizione da parte della norma e che una persona con disabilità fosse assunta per le sue competenze e non perché la legge 68 lo impone
Vincenzo Falabella, presidente Fish
Nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri nella giornata della Festa dei Lavoratori, sono presenti anche due altre proposte per il sostegno al Terzo settore che in questi anni ha avuto un ruolo fondamentale nell’avviare persone con disabilità al lavoro. Un primo intervento prevede un contributo alle imprese sociali che hanno nel loro organico figure professionali che accompagnano la persona con disabilità durante il percorso di inserimento lavorativo e che si impegnano nel patto di servizio personalizzato. Il secondo intervento stanzia un contributo pari a 7 milioni di euro in favore degli enti del Terzo settore che avranno assunto giovani con disabilità tra i 18 e i 35 anni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato, tra il 1° agosto 2022 ed il 31 dicembre 2023.
«Il Governo ha previsto che il contributo per le agenzie di intermediazione già previsto dal decreto legislativo n. 276 del 2003, venga esteso anche agli enti del Terzo settore e le imprese sociali che, per statuto, prevedono tra le attività di interesse generale e le attività di impresa di interesse generale lo svolgimento di attività volte all’inserimento lavorativo o il reinserimento lavorativo dei lavoratori con disabilità. Sono soggetti che fanno matching tra domanda e offerta e che seguono l’inserimento della persona con disabilità nel contesto lavorativo, con accomodamenti ragionevoli ma anche accompagnando e sostendo la persona con disabilità e il datore di lavoro, così da realizzare l’inclusione», spiega Falabella.
Bene l'erogazione del contributo per il 2023, ma sarà necessario integrarlo successivamente se vogliamo strutturare una grande riforma della legge 68. Dobbiamo costruire una grande riforma dove al centro si metta la persona e non la sua disabilità
Vincenzo Falabella, presidente Fish
Terza novità sono i 7 milioni di euro stanziati per coprire uno sgravio contributivo previsto in favore degli enti del Terzo settore assumono giovani con disabilità. Utile non solo per entrare nel mondo del lavoro ma anche – in un contesto sempre più fluido – di mantenere il lavoro e di superare quelle diseguaglianze territoriali e di genere che oggi sono le altre due grandi criticità. «Bene l'erogazione del contributo per il 2023, ma sarà necessario integrarlo successivamente se vogliamo strutturare una grande riforma della legge 68», precisa Falabella. «Se nel 2024 le risorse per gli sgravi non ci saranno più, questa azione sul 2023 sarà "una toppa". L’obiettivo è integrare tutti questi elementi, per pianificare sin da subito una riforma complessiva della legge 68 in linea con il Jobs Act, così da superare tutti gli elementi negativi che ancora oggi sono barriere per l’accesso al lavoro delle persone con disabilità. Dobbiamo costruire una grande riforma dove al centro si metta la persona e non la sua disabilità». Il rovescio della medaglia, infatti, evidenzia Falabella è che «con questo strumento le persone con disabilità trovino accesso al mondo del lavoro solo in determinati settori, come è già avvenuto in passato con le cooperative di tipo b. Invece deve essere garantita la possibilità di entrare nel mondo del lavoro tout court. Si tratta tuttavia di un segnale, di incentivi che messi a fattor comune possono generare un cambiamento».
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