Welfare

Disabilità, un flop le donazioni al Fondo per il diritto al lavoro

Solo 731 mila euro dal 2019, anno in cui è stata introdotta la possibilità di donare. Unici donatori i parlamentari M5s, con le famose restituzioni. La Corte dei Conti: possibilità poco pubblicizzata. Il giuslavorista Garofalo: anziché gli incentivi ad assumere, si dovrebbero finanziare le politiche attive

di Francesco Dente

Due donazioni in tre anni. Solo due versamenti effettuati peraltro da parte dello stesso soggetto. Non si può dire che abbia riscosso grande successo la possibilità di devolvere delle liberalità al Fondo per il diritto al lavoro dei disabili, lo strumento statale previsto dalla legge 68 del 1999 per incentivare i datori di lavoro che assumono persone in condizioni di particolare gravità fisica e psichica. A metterlo nero su bianco è la Corte dei Conti che ha preso in esame la gestione del Fondo nel periodo 2016-2021.

Dal 2019, anno in cui è stata introdotta la novità, sono stati donati circa 731mila euro in due tranche da parte del “Comitato per i rimborsi e le restituzioni”, l’organismo del Movimento 5 Stelle che cura il riutilizzo a fini collettivi degli stipendi e dei rimborsi percepiti dai parlamentari. Salvo i grillini, dunque, nessun privato, semplice cittadino, impresa o associazione, ha messo mano al portafogli per rimpinguare il fondo per il collocamento dei disabili. Che continua pertanto a essere alimentato dai finanziamenti messi a disposizione dallo Stato e dai contributi che pagano i datori di lavoro per l’esonero dall’obbligo di assunzione dei lavoratori con disabilità (77,5 milioni complessivi nel 2021). Secondo i magistrati contabili lo «scarso interesse per l’iniziativa benefica» dipende dal fatto che sia «poco nota al grande pubblico per mancanza di adeguati strumenti pubblicitari».

Un’opinione condivisa dal professor Domenico Garofalo, ordinario di Diritto del lavoro all’Università “Aldo Moro” di Bari.

«La norma è passata sotto silenzio, come dimostra peraltro la significativa circostanza che nei vari commenti alla legge non se ne fa parola alcuna», fa notare. Il vero punto debole, tuttavia, è che le donazioni siano finalizzate «a finanziare gli incentivi alle assunzioni piuttosto che misure di politica attiva tese ad accrescere l’occupabilità dei disabili, specie in un momento caratterizzato da significativi fenomeni di transizione occupazionale favoriti dalla digitalizzazione, dal green, dalla sostenibilità ambientale», argomenta il giurista. Ricordiamo che gli incentivi riguardano l’assunzione di lavoratori con invalidità fisica superiore al 67% oppure con disabilità intellettuale o psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.

Più che sgravi fiscali servirebbero dunque percorsi formativi e di inserimento lavorativo come tirocini, stage e work experience ma anche percorsi relazionali per abituare la persona disabile grave al contesto occupazionale. «Senza queste misure l’integrazione lavorativa è pura utopia», chiosa il professor Garofalo.

La legge a tal proposito prevede che il 5% delle risorse complessivamente stanziate sia destinato a interventi di carattere sperimentale per l’inclusione lavorativa delle persone disabili. Peccato, osserva la magistratura contabile, che negli ultimi anni questo non sia avvenuto in quanto le somme ad hoc sono state dirottate tutte alle assunzioni agevolate a causa della «scarsezza delle risorse a disposizione del Fondo».

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