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Sostenibilità sociale e ambientale

Discarica Africa, il viaggio vergogna della Probo Koala

Veleni sui mari: il caso simbolo della nave di Trafigura

di Chiara Caprio

Nel 2006, rifiutata dall’Olanda, scarica tonnellate di scarti della lavorazione del petrolio
nei dintorni della Costa d’Avorio. Risultato:
16 morti e oltre 100mila intossicati. Nonostante tutti i tentativi di insabbiare la vicenda,
sta per aprirsi
un processo penale,
dopo che una gigantesca class action ha già risarcito 30mila ivoriani
«La giustizia non è un bene che può essere comprato o venduto. Solo quando i veri responsabili saranno puniti e pagheranno per i crimini che hanno commesso, la legge avrà fatto il suo corso». Marietta Harjono, specialista di Greenpeace Olanda in tema di rifiuti tossici e inquinamento ambientale, ha seguito a fondo il caso Trafigura, la compagnia petrolifera accusata di aver scaricato rifiuti tossici illegali in Costa d’Avorio. A fine settembre 2009 la vicenda sembrava conclusa con il pagamento di mille euro a testa a 30mila ivoriani riuniti nella più grande class action della storia britannica. Ma è proprio Greenpeace a riaprire il caso, in collaborazione con la procura olandese.
«Abbiamo presentato la richiesta d’incriminazione per aver avvelenato consapevolmente le persone e contaminato il territorio ivoriano con sostanze illegali e altamente tossiche, per aver mentito alle autorità olandesi e per aver falsificato documenti importanti come prove di colpevolezza», spiega Harjono. La richiesta è stata accolta dal tribunale olandese e l’appuntamento per il procedimento penale è previsto tra gennaio e febbraio 2010.
La vicenda ha inizio nel 2006. La nave Probo Koala lavora scarti di petrolio, attraverso un procedimento bandito in quasi tutti i Paesi del mondo. Per smaltire i rifiuti tenta di attraccare in Olanda, dove le autorità portuali rigettano la richiesta, insospettite dagli odori emanati dalla nave, e invitano l’equipaggio a fornire dettagli sul materiale trasportato. Il vertice Trafigura però parla chiaro. Bisogna trovare un metodo economico e veloce per liberarsi dei rifiuti. Decidono di rivolgersi a Tommy, società di smaltimento con sede in Costa d’Avorio e pochi scrupoli. La nave fa rotta verso l’Africa e riversa nei dintorni della capitale della Costa d’Avorio, Abidjan, enormi quantità di materiale tossico, provocando, secondo quanto emerge dalle perizie condotte nello stato africano, in Svizzera e da Greenpeace, 16 morti e oltre 100mila intossicazioni.
Nell’agosto 2006 il caso esplode. Si tratta di un vero e proprio terremoto per la piccola nazione africana. Ma anche in questo caso Trafigura evita il tribunale. Nonostante le analisi del Laboratorio tossicologico dell’università di Abidjan dimostrino la tossicità letale delle sostanze, l’establishment ivoriano accetta nel 2007 il pagamento di 198 milioni di dollari come risarcimento. Le tracce lasciate in Olanda permettono ai procuratori di continuare le indagini, bloccate però dalla reticenza delle autorità ivoriane a collaborare. A raccogliere la sfida ci pensa un gruppo di giornalisti olandesi e inglesi, tra cui alcuni reporter dell’emittente televisiva Bbc. Nel corso del 2009 il canale britannico entra in possesso di materiale scottante. Un fitto scambio di email tra i vertici della compagnia prova che Trafigura era consapevole della pericolosità dei rifiuti prodotti, dell’illegalità del metodo utilizzato e dell’impossibilità di scaricarli in Europa. Negli stessi giorni, a cavallo tra agosto e settembre 2009, l’Onu pubblica un rapporto sul caso. Incaricato della stesura è Okechukwu Ibeanu, professore di Scienze politiche all’università della Nigeria, che in due missioni avvenute nel corso del 2008 ha raccolto le testimonianze della popolazione locale. «Le vittime continuano a lamentare diversi sintomi, hanno abbandonato le proprie abitazioni e, in alcuni casi, hanno perso il lavoro. Hanno diritto a ricevere un risarcimento adeguato», afferma Ibeanu.
Ma non è tutto. Il rapporto evidenzia che i siti con materiale tossico sono 18, dislocati in sette zone diverse nei dintorni della capitale. E dopo tre anni sono ancora lì. Continuano a minacciare la popolazione locale, abbandonata dal governo del proprio Paese e insoddisfatta per l’esito della causa di Londra. L’ultima speranza è il tribunale olandese. «Sappiamo che in tutta l’Africa compagnie come Trafigura vendono e scaricano derivati tossici del petrolio, ma chiederemo una punizione esemplare», afferma Harjono.


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