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Donare il corpo: quando la generosità si fa scienza

La legge Sileri ha introdotto un cambiamento epocale nella formazione dei giovani medici. La donazione di corpo e tessuti a fini di studio, formazione e ricerca favorisce la progressione della conoscenza e l'acquisizione di competenze che verranno utilizzate per i malati di domani

di Nicla Panciera

Rispetto alla donazione degli organi, quella del proprio corpo per formazione e ricerca è una cultura ancora tutta da costruire. «Solo con una maggior diffusione della consapevolezza dell’importanza di donare il proprio corpo e tessuti alla scienza potranno essere superati timori e tabù che ancora persistono nelle persone» chiarisce Giorgio Pajardi, ordinario di Chirurgia Plastica e Ricostruttiva presso l’Università degli Studi di Milano e direttore scientifico del Centro di riferimento per la conservazione e l’utilizzo dei corpi dei defunti dell’Irccs MultiMedica di Sesto San Giovanni. Proprio qui, a inizio giugno, i dieci Centri italiani di riferimento (l’elenco è qui) per la conservazione e l’impiego etico dei corpi dei defunti a fini di studio, formazione e ricerca scientifica, presenti in sette Regioni italiane, si sono riuniti in un convegno pubblico “Donazione di corpo post-mortem: quando la generosità si fa scienza” organizzato dalla MultiMedica, con il patrocinio della Statale di Milano e della Società Italiana di Anatomia e Istologia Siai.

L’incontro è stata l’occasione per fare il punto sull’attuazione della legge 10/2020, conosciuta anche come Legge Sileri, e il successivo decreto attuativo che ha dettagliato requisiti e procedure per la donazione post mortem del corpo e dei tessuti (il Dpr 10 aprile 2023, n. 47). Nei primi tre anni della legge, oltre 50 sono state le salme donate e ricevute nei Centri italiani di riferimento. La sensibilità sta aumentando, commenta Pajardi: «In MultiMedica, ad esempio, siamo passati da 6 manifestazioni di interesse pervenute nel periodo 2020-2024, a 13 nel 2024 e a 16 già nei primi 6 mesi del 2025».

Fornire informazioni e sensibilizzare la popolazione sulla donazione è l’obiettivo della campagna di sensibilizzazione nazionale “Da parte mia”, finanziata dal Ministero della Salute e affidata alla Regione Emilia Romagna, in collaborazione con l’Università di Bologna (www.dapartemia.it).

«Donare il corpo alla scienza è un atto di grande altruismo, con un profondo valore etico, scientifico e umano, che adesso può concretizzarsi grazie a una Legge in grado di segnare un punto di svolta nel nostro Paese» spiega Pajardi. «Ora è cruciale mettere in campo un impegno condiviso e multidisciplinare, per promuovere la conoscenza e l’applicazione della normativa».

Donare il corpo alla scienza è un atto di grande altruismo, con un profondo valore etico, scientifico e umano

Giorgio Pajardi

La legge ha rappresentato un cambiamento epocale per il nostro paese. In Italia, prima della Legge 10/2020, la formazione medica che prevedeva la dissezione anatomica e l’applicazione di sofisticate tecniche chirurgiche su cadavere era impossibile o limitata a poche realtà sul territorio; molti specialisti erano spesso costretti a recarsi all’estero, per seguire corsi formativi, o ad acquistare salme.

«La donazione del proprio corpo contribuisce concretamente al progresso della medicina, permettendo ai giovani medici un percorso formativo completo ed efficace, tanto più in quegli ambiti nei quali la formazione si avvale anche di innovative tecniche di simulazione» ha spiegato padre della normativa, Pierpaolo Sileri, ordinario di Chirurgia Generale presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, già Vice Ministro della Salute. «La vita non finisce con la morte, se diventa uno strumento di apprendimento e cura per chi verrà dopo di noi».

La vita non finisce con la morte, se diventa uno strumento di apprendimento e cura per chi verrà dopo di noi

Pierpaolo Sileri

Un corpo può essere analizzato fino a tre volte, quindi viene restituito alla famiglia e il centro si farà carico delle varie spese anche del funerale. Gli interventi eseguiti sono indicati in cartella, che verrà consegnata ai familiari. Le tappe sono piuttosto standard, si inizia con la dissezione anatomica quindi con le varie simulazioni, con gli specializzandi al lavoro tutti insieme perché il tempo è prezioso, il corpo non può essere scongelato per più di tre volte. Oltre alla formazione, c’è la ricerca: sui tessuti e sugli organi, la creazione di biobanche e lo studio delle protesi e di strumentazioni d’avanguardia. «Un donatore multiorgano regala la vita immediata a molte persone ma chi dona il proprio corpo è fonte di benefici a pioggia a centinaia di pazienti» conclude Pajardi. «Grazie agli avanzamenti della ricerca, si sono ampliate le nostre fasce di intervento e quindi ora possiamo agire e ragione anche di pre-nascita, si pensi a tutti i test genetici o alle tecniche di procreazione assistita, e il post-morte».

Nel frattempo, l’incontro milanese ha portato alla costituzione spontanea di un board formato dai centri di riferimento per il superamento di difficoltà di varia natura e la condivisione di buone pratiche. Ci sono poi alcuni nodi da sciogliere di natura non squistiamente medica, come ad esempio il fatto che la normativa escluda dalla donazione i soggetti suicidi, discriminando chi sceglie la morte volontaria.

La manifestazione del consenso avviene tramite una dichiarazione scritta, che può essere un atto notarile o una scrittura privata semplice, da autenticare presso il Comune dove si risiede e da consegnare, poi, all’Azienda sanitaria di appartenenza. Occorre indicare un fiduciario, il cui compito sarà tutelare la scelta del donatore dopo il decesso. Una volta impiegate per scopi scientifici o didattici, le spoglie verranno restituite dal Centro alla famiglia, entro 12 mesi.

«Donare il corpo alla scienza è un gesto nobile che deriva da una profonda motivazione interiore che è possibile raggiungere solo attraverso la conoscenza del significato che tale azione riveste» scrive Lucia Manzoli, responsabile del Centro di anatomia clinica e chirurgica sperimentale e molecolare dell’Università di Bologna, Centro di riferimento nazionale per la conservazione e l’utilizzazione dei corpi dei defunti, nella prefazione a «Il primo paziente», opera di incontro tra le scienze mediche, le scienze sociali e l’arte. L’idea nasce da un progetto degli studenti dei corsi di laurea in medicina e chirurgia per un uso del fumetto come mezzo di comunicazione di temi delicati e poco noti e dal progetto di ricerca Pro.Dono, un’indagine sulla consapevolezza della donazione del corpo. «L’importanza di questa graphic novel» scrive ancora Manzoli «consiste proprio nel raccontare una storia antica ma attuale, una storia che guida un percorso della coscienza e della conoscenza, mettendo in evidenza i valori profondi di scienza e di umanità che da sempre sono costitutivi della medicina e che permangono nel corso della sua evoluzione moderna».

Convegno «Donazione di corpo post-mortem: quando la generosità si fa scienza»

Foto di corsi formativi del Cadaverlab MultiMedica

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