Uno stralcio del report del Programma esecutivo d’azione che riguarda la condizione della donna dietro le sbarre. Un dossier in cui si esaminano le condizioni di vita delle detenute rispetto agli spazi detentivi, al servizio di biblioteca, all’identita’ femminile, alla genitorialita’, ai rapporti familiari, alle attivita’ lavorative e alla sfera psico-fisica. I risultati della ricerca, condotta su scala nazionale, sono stati resi noti nel corso del convegno organizzato questa mattina dalla Direzione generale dei detenuti del trattamento del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Dal rapporto e’ emerso che spesso nelle 205 carceri italiane i servizi igienici per le detenute non sono completamente idonei, in taluni casi non sono neanche sufficienti e le camere sono sovraffollate. Modesta e’ la presenza di aree verdi, ma si evidenziano alcune punte di eccellenza a Venezia, Bologna e Reggio Emilia e alcune punte di criticita’ a Trani, Catania, Belluno, Trieste, Rovereto, Verona e Pozzuoli dove non esistono affatto. Le stanze spesso sono scarsamente o per niente personalizzabili, gli spazi angusti e la chisura eccessiva delle stanze crea problemi di vivibilita’ e litigiosita’. Per quanto riguarda il servizio biblioteca si e’ rilevato che in alcune realta’ le donne non possono usufruirne e altre volte l’accesso al servizio e’ consentito soltanto durante una piccola fascia oraria. La biblioteca viene utilizzata poco come luogo di aggregazione, ma in molte carceri, come Genova, Bologna e Milano e’ sede di iniziative culturali.
Per quanto riguarda la tutela dell’identita’ femminile all’interno del progetto pedagogico, sono presenti interventi dedicati alle donne e i servizi di cura alla persona consistono nel servizio di parrucchieria, presente in quasi tutti gli istituti, mentre l’opportunita’ di fruire di uno specchio a tutta persona esiste solo a Venezia e la possibilita’ di fare fotografie e’ molto diffusa. L’acquisto di prodotti di bellezza non sempre e’ consentito. Dal punto di vista del sostegno alla genitorialita’ in qualche realta’ sono stati sottoscritti protocolli di intesa con Enti locali, Regioni, Province e Comuni e in particolare a Roma nel carcere di Rebibbia il volontariato attua interventi intramurari ed extramurari mirati al mantenimento dei legami delle detenute straniere con i figli rimasti nei Paesi d’appartenenza. In molti casi si e’ rilevato che la sezione madri con bambini non e’ assolutamente adeguata alla crescita del minore. Nel dossier inoltre una parte e’ dedicata al sostegno dei rapporti familiari delle detenute: in quasi tutti gli istituti i colloqui con i familiari si svolgono in una sala apposita, tranne in alcune realta’ dove esistono aree attrezzate; inoltre vengono svolte poche attivita’ extramurarie per rinforzare i legami detenuto-famiglia o risolvere situazioni di crisi. Infine un apposito capitolo e’ dedicato alla tutela della multiculturalita’, dove si rileva che solo in alcuni istituti sono in fase di attuazione gli sportelli multiculturali (Genova e Bologna); dal punto di vista della tutela della sfera psico-fisica delle detenute si pongono in atto attivita’ sportive, ricreative e interventi di volontariato ed e’ stato rilevato che la capacita’ del personale penitenziario di leggere le espressioni della sfera affettiva, emotiva, sessuale e culturale delle donne e’ alta. Ma talvolta gli operatori sono particolarmente sensibili e professionalmente attrezzati come a Genova, Empoli, Milano e Roma.
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