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Due buone notizie, una flebile speranza

Lettere dal carcere / per Cerica arriva la semilibert

di Cristina Giudici

La rubrica di questa settimana apre con una buona notizia. Pochi giorni fa il tribunale di sorveglianza romano ha concesso la semilibertà a Claudio Cerica che potrà lasciare il carcere di giorno per andare a lavorare nella cooperativa Manifesto libri. Era ora. Claudio Cerica è stato arrestato nel febbraio scorso per scontare un residuo di pena. Claudio recatosi in un posto di polizia per riconsegnare un portafoglio smarrito venne arrestato e risbattuto in galera . Ex militante dell?autonomia padovana, Cerica è stato il protagonista minore di una vicenda giudiziaria paradossale durata 15 anni. Nel 1982 viene condannato a un anno e nove mesi per la detenzione di una bottiglia molotov. In seguito gli vengono imputati anche i reati di costituzione di banda armata del Fronte comunista combattente e di concorso morale nell?omicidio dell?ingegnere Taliercio. Ma al processo il suo presunto accusatore, Antonio Savasta, nega ogni suo coinvolgimento nel sequestro orchestrato dalle Brigate rosse e viene assolto in primo grado. Il pm fa ricorso, ma Cerica viene assolto anche in secondo grado e il magistrato torna all?attacco. In seguito gli viene imputato lo stesso capo d?accusa in una procura diversa e deve ricominciare tutto da capo. Così scappa in Francia. Nel 1996 torna a casa e quindici (15!) anni dopo viene condannato a 4 anni e nove mesi per associazione sovversiva. La persecuzione è finita, ma Cerica torna in carcere per un reato generico previsto dalla legislazione di emergenza degli anni ?70 e deve scontare una condanna per appartenenza all?autonomia operaia. Nell?intervista che rilasciò a ?Vita? nel marzo scorso aveva detto disperato: «Mi sembra una follia che, a quindici anni di distanza, io venga messo in carcere senza reati specifici, le cose sono cambiate, noi siamo cambiati, tutto è cambiato… La violenza del meccanismo arcaico e arbitrario della giustizia mi stanno portando alla follia… Qui dentro sono tutti rassegnati al ruolo delle vittime…». Anche a lui avevano detto che, per avere un colloquio con un operatore, ci volevano mesi e che, perché un magistrato leggesse la sua legittima richiesta per ottenere i benefici di legge, ce ne volevano altrettanti. Così ad aprile aveva scelto l?unica scorciatoia possibile per farsi varco nei corridoi del labirinto della giustizia italiana: lo sciopero della fame ad oltranza. Caro Claudio, sono contenta che tu ce l?abbia fatta. La tua storia (purtroppo per niente straordinaria) è finita quasi bene, ma tutti e due sappiamo perfettamente che è solo la punta di un iceberg enorme quanto i mali della giustizia di questo Paese. Migliaia come te che non non hanno un cognome noto alle cronache vivono la mancata applicazione delle leggi, il silenzio di tribunali e l?ottusità dei magistrati con rassegnazione o con disperazione. Molti si fanno del male o decidono per lo sciopero della fame, nella speranza di attirare l?attenzione di un tribunale di sorveglianza. Sono tantissimi e non andranno in vacanza. Sono storie come quelle della lettera che segue. Non vi dimentichiamo.


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