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E l’Onu cosa fa?

Il diplomatico Alessandro Busacca difende le Nazioni Unite. Ma è ora di cambiare le regole

di Michele Caropreso

L e Nazioni Unite attraversano una fase cruciale, di trasformazione organizzativa ma anche politica, dal cui esito dipenderà la capacità futura di incidere in modo efficace sulle situazioni di crisi. In questi giorni all?Assemblea generale è iniziato il dibattito sulle riforme proposte dal segretario Kofi Annan. Un dibattito che potrebbe rappresentare un punto di svolta. L?Italia spinge per allargare il Consiglio di sicurezza, il ?governo? dell?Onu, e per renderne più democratica la struttura. Gli Usa propongono una riforma che permetta loro di mantenerne il controllo. Cerchiamo di capire cosa sta succedendo con Alessandro Busacca, diplomatico italiano di 42 anni, appena eletto alla presidenza della terza commissione del Palazzo di vetro, quella dedicata ai diritti umani. Consigliere Busacca, che Onu trova al suo insediamento? «Una struttura al centro dell?attenzione: per le ipotesi di riforma e ammodernamento, necessari per adeguare la macchina organizzativa alle nuove esigenze operative. Il nodo più caldo sta sicuramente nella riforma del Consiglio di sicurezza, fermo alla struttura pensata 50 anni fa. Oggi i membri dell?organizzazione sono 185, ed esiste evidentemente un problema di adeguamento a questa nuova realtà. L?Onu oggi, poi, si occupa sempre più delle strategie per rafforzare la protezione dei diritti umani, dell?integrazione della donna, della protezione dell?ambiente, della protezione delle fasce sociali più deboli. Tutti temi che rientrano nella competenza della terza commissione, che l?Italia presiederà per un anno». Una struttura, quella Onu, che per molti è un carrozzone macchinoso e impotente… «L?intervento delle Nazioni Unite nelle aree di crisi è legato all?intervento del Consiglio di sicurezza e alla volontà politica degli Stati membri. Solo il Consiglio può arrivare a obbligare un governo a seguire una determinata condotta. L?elemento politico, insomma, è sempre da tener presente. L?Onu può invece intervenire più agilmente con le sue agenzie umanitarie, dalla Fao all?Alto commissariato per i diritti dell?uomo, dal programma alimentare mondiale all?Unicef, e in molti casi è riuscita a dare un grande aiuto alle popolazioni in difficoltà. Certo, anche qui i problemi non mancano». L?Onu è spesso accusata di trascurare le crisi africane… «Le Nazioni Unite sono intervenute nella zona finché è stato possibile garantire la sicurezza del personale. In questo momento sono presenti in Ruanda, in Burundi, ed è in corso una faticosa trattativa in corso col nuovo governo dello Zaire, per consentire alla commissione internazionale che si trova lì di verificare il trattamento riservato ai rifugiati Hutu ruandesi. Insomma, non stiamo con le mani in mano». L?Italia ha portato avanti in questi anni una dura battaglia contro la pena di morte, finora senza esito. Andrete avanti? «Un esito c?è stato eccome, invece. Qualche mese fa, alla commissione per i Diritti umani di Ginevra, è passata una mozione molto simile a quella proposta all?Assemblea generale nel ?94, che chiedeva una moratoria delle esecuzioni fino al Duemila. Per riproporre la questione all?Assemblea, però, credo sarà necessario aspettare qualche anno, per evitare una seconda bocciatura, che sarebbe definitiva». Insomma, lei crede che le riforme renderanno l?azione dell?Onu più efficace? «L?attuale composizione del Consiglio di sicurezza, con cinque membri permanenti e dieci eletti a rotazione, va rivista. La proposta italiana vuole assegnare al Consiglio una struttura più democratica e aperta alle istanze che vengono da fuori, dagli altri Paesi. Le decisioni che contano non devono essere prese a porte chiuse. Io penso che ci siano le condizioni politiche per arrivare a questi cambiamenti. Ma sono stato appena eletto, non mi fate parlare troppo».


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