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E ora bocciamo questo relativismo costituzionale

Perché il referendum può essere un’opportunità per la società civile / La nostra Carta è basata su un’intelaiatura che sviluppa una tensione positiva al bene comune

di Savino Pezzotta

Non ci possiamo limitare solo alle ragioni del No o del Sì; è arrivato il tempo di andare un poco più in profondità, e vedere com?è possibile uscire da una situazione che non ha fatto altro che indebolire l?assetto istituzionale del nostro paese. In pratica si è indebolito il riferimento ai valori e ai principi della Costituzione, senza peraltro produrre processi di reale revisione. Dobbiamo pertanto cogliere l?occasione di questo referendum per ripresentare con chiarezza i valori e le ragioni che la nostra Carta costituzionale propugna, e molti dei quali da sessant?anni attendono di essere attuati. Avanzo questa esigenza perché occorre cercare di ricomporre la situazione che si è venuta a determinare in questi ultimi dieci anni. Abbiamo tutti, nel bene o nel male, parlato e usato il concetto di ?seconda repubblica? e oggi c?è chi parla di andare verso la ?terza?, mentre la Costituzione in vigore è ancora quella scritta dai costituenti e assunta dal popolo italiano. Mi sono convinto che il continuare a proporre questa successione numerica non sia molto utile, anzi ha generato e consolida un relativismo costituzionale che alla lunga finisce per indebolire l?assetto istituzionale del nostro paese. Prima di mettersi con supponenza politica a voler riformare ciò che costituzionalmente sarebbe solo da revisionare, occorre avere presente che la Costituzione delinea un modello di società e di Stato e pertanto non può essere considerata come una variabile del ?quadro politico?. Il referendum deve essere l?occasione per mettere fine al pragmatismo politico-gestionale che agisce senza tenere conto dei contenuti di valore e di progetto che devono orientare la società. La nostra Costituzione, va sottolineato, è basata su una intelaiatura tesa a sviluppare una tensione positiva tra libertà e giustizia sociale, tra autonomia dell?uomo e autorità istituzionale. In pratica siamo di fronte all?osservazione che le istituzioni, lo Stato esistono per tutelare la persona, e non viceversa. Bisogna dunque ricordare che questo è, e deve rimanere, il principio guida della nostra Costituzione. Siccome tale sviluppo non avviene fuori della storia ma si realizza nella comunità, la Repubblica è allora impegnata a promuovere l?autonomia dei corpi sociali, delle associazioni e delle aggregazioni primarie in quanto libere espressioni della persona. Il referendum deve essere per tutti coloro che credono nell?autogoverno del sociale e nell?autonoma politicità dei corpi intermedi, l?occasione per riaffermare questi principi e per chiedere impegni precisi sul terreno della sussidiarietà. Nel merito delle questioni mi limito ad avanzare solo alcune osservazione critiche: ? I contenuti e la logica di fondo delle modifiche costituzionali indichino l?avvio di un percorso che ci porta da una idea di Costituzione intesa come regola e limite al potere alla Costituzione come strumento di rafforzamento del potere. ? La devolution proposta allarga le materie di potestà esclusiva regionale, ma non è chiaro come questo si concili con l?ampliamento delle competenze esclusive statali, con il controllo parlamentare sulle leggi regionali contrarie all?interesse nazionale, con l?estensione del potere sostitutivo (legislativo e amministrativo) dello Stato nei confronti delle Regioni; mi sembra che se dovesse passare questa modifica si accentuerebbe la conflittualità istituzionale, che già è elevatissima, tra centro e periferia. La critica potrebbe continuare sull?insieme dell?articolato, ma quello che interessava era contenere le pulsioni riformatrici per riportarle nell?ambito del revisionismo costituzionale, ma anche valutare come tornare a far diventare il cittadino arbitro reale di questi processi che sono fondativi del vivere comune.


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