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Ebrei-musulmani,un’amicizianel nome dei Giusti
incontri Un capitolo di storia che abbatte i muri
di Redazione

«Abbiamo rivolto ai Giovani musulmani italiani un invito a venire con noi in sinagoga. E loro hanno accettato. Ma quello che è ancora più importante è far sapere a tutti che tra le nostre associazioni c’è un dialogo dal basso, che va avanti ormai già da tempo». Daniele Nahum, 25 anni, presidente dell’Unione giovani ebrei d’Italia, ha partecipato di recente all’inaugurazione presso il Pime di Milano della mostra I giusti dell’Islam dedicata agli “Schindler” musulmani che durante la persecuzione nazista salvarono la vita ad ebrei. Filo conduttore della mostra – finanziata dalla Regione Lombardia e a disposizione delle scuole lombarde che ne faranno richiesta – una frase resa celebre dal film Schindler List di Steven Spielberg: «Chi salva una vita salva il mondo intero». Compare nel Talmud, il libro sacro dell’ebraismo. E anche nella quinta sura del Corano.
Vita: Che tipo di dialogo c’è fra i giovani ebrei e i giovani musulmani italiani?
Daniele Nahum: Un dialogo che parte dal basso. Ci confrontiamo su cose concrete che riguardano la vita quotidiana più che sulla politica internazionale. Mi spiego: non è che io possa risolvere il problema di Hamas, o dire cosa dovrebbero fare il governo israeliano e l’autorità palestinese per uscire dalla crisi. La nostra priorità è combattere il pregiudizio e valorizzare la diversità. Qualche giorno fa è stata annullata a Roma la visita in sinagoga dell’imam Eldin Mohamed Ismail al Gobashi.e noi abbiamo invitato i giovani musulmani a venire in un nostro luogo di culto o in un centro della comunità ebraica.
Vita: Siete tutti giovani. È più facile dialogare per le seconde generazioni, i figli nati in Italia da persone immigrate?
Nahum: I giovani di seconda generazione non devono affrontare, come invece i loro genitori, urgenze legate alla sopravvivenza. Hanno la possibilità di studiare, vivono in una società globalizzata in cui è facile informarsi. Questo è importante, perché solo con la conoscenza si può sconfiggere il pregiudizio. Ma in Italia bisognerebbe lavorare di più per valorizzare le diversità.
Vita: Tra i 22mila nomi dei «Giusti tra le nazioni» censiti dallo Yad Vashem, il memoriale della Shoah a Gerusalemme, figurano anche quelli di 70 musulmani. Perché si sa così poco di loro?
Nahum: C’è un certo tipo di politica che tende a mettere in evidenza solo gli aspetti che dividono, e non quelli che uniscono. In un contesto come quello del dopo 11 settembre, dove elementi di islamofobia e antisemitismo sono purtroppo presenti, è importante far emergere fatti altamente positivi che sono andati in tutt’altra direzione. La mostra sui Giusti musulmani fa comprendere come il concetto di giustizia sia trasversale e l’Islam sia una religione di pace. Del resto sono tanti i casi di credenti che, proprio in nome di valori religiosi, hanno salvato i propri vicini ebrei dallo sterminio nazista. C’è un umanesimo comune che attraversa tutte le religioni e che emerge in momenti di totale distruzione. Ma anche oggi ci sono segni di speranza, che però non hanno risonanza mediatica.
Vita: Per esempio?
Nahum: L’ex presidente dei Giovani musulmani italiani due anni fa è andato ad Auschwitz, per celebrare la Giornata della memoria. A Milano sono diversi i musulmani che partecipano alle iniziative per non dimenticare la Shoa. C’è stato uno scatto positivo nelle comunità islamiche in Europa dopo l’11 settembre, come si vede dalla Carta dei valori dell’Islam europeo, un documento uscito da poco che parla di laicità e di convivenza fra le religioni sulla base di valori comuni.
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