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Essere Onlus conviene?

Intervista a uno dei padri della riforma fiscale del Terzo settore

di Michele Caropreso

Come tutti i buoni padri, Salvatore Pettinato si preoccupa dei sui figli. E la ?figlia? che gli dà più pensieri negli ultimi tempi è sicuramente la Onlus, l?Organizzazione non lucrativa di utilità sociale, figura cardine della riforma fiscale degli enti non profit che il governo Prodi, dopo quasi due anni di gestazione, si appresta a licenziare. Pettinato è un tributarista, e ha ideato questa figura dal nome buffo nel ?95, in una prima bozza di lavoro, quando ancora faceva parte della commissione di esperti che ha preparato il testo oggi all?esame del Consiglio dei ministri. Da quella commissione Pettinato si è dimesso per protestare contro le complicazioni normative, e oggi che tutti litigano per entrare nel club delle Onlus, l?avvocato esprime tutte le sue perplessità. Il nuovo regime fiscale del non profit sta suscitando molte polemiche, soprattutto per l?esclusione di alcune attività dall?elenco delle attività Onlus. Che ne pensa? «Credo sia necessario fare molta attenzione. La figura della Onlus ha subito nel corso della gestazione di questo provvedimento una serie di martellate che rischiano di renderla inutile e, soprattutto inapplicabile. Il primo colpo grave è stato sicuramente la previsione di un elenco tassativo di attività all?interno del quale chi vuole essere Onlus deve muoversi. È assurdo, l?organizzazione non lucrativa nasce come concetto neutro, riferito alla morfologia solidaristica dell?ente. Chi si occupa direttamente di svantaggiati, erogando a loro favore dei servizi deve essere considerato Onlus, a prescindere dal settore. Poi, visto che il testo del decreto prevede la deducibilità delle offerte solo per questa categoria di enti, tutti spingono per entrare. Ma questa è un?impostazione errata, perché allargando troppo i confini di questa categoria si finirebbe per svuotarla del suo significato originario». Però la deducibilità delle offerte rappresenta per un ente non profit uno strumento importante di raccolta fondi. «Certamente, ed è qui il nocciolo della questione. La deducibilità delle offerte dovrebbe essere riconosciuta in modo molto più ampio a favore degli enti non commerciali che operano nel sociale. Ma questo non vuol dire che tutti questi enti devono diventare Onlus. Ripeto, questa è una figura specifica, nata per consentire a determinati soggetti di operare con le giuste agevolazioni fiscali. Essere Onlus comporta anche una serie di conseguenze molte pericolose, che nessuno sta calcolando. Per esempio, se in sede di verifica fiscale l?autorità competente dovesse constatare che un determinato ente, qualificato come Onlus, non ha i requisiti necessari, che sono molti e regolati in modo rigido, l?ente stesso sarebbe obbligato a restituire all?erario le somme corrispondenti a tutte le agevolazioni e gli sconti di cui ha goduto, magari per dieci anni, e questo vuol dire somme molto consistenti». Come si può uscire da questo vicolo cieco? «Il decreto Visco è una legge molto complessa, che contiene più di 370 norme. Sicuramente ha dei difetti, ma nell?insieme presenta un suo equilibrio. Ho paura che molte delle critiche di questi giorni, sicuramente giuste da un punto di vista ?politico?, non abbiano tenuto conto della molteplicità delle innovazioni introdotte, che vanno ben comprese prima di chiedere toppe e ritagli. Consiglio a tutti gli enti non profit interessati di battersi con forza per evitare di trovarsi in una situazione che potrebbe comportare dei rischi. È vero che i tecnici di Visco hanno ristretto in modo eccessivo il concetto solidaristico alla base della figura Onlus, ed è auspicabile una semplificazione, ma la politica del tutti dentro porterebbe al rischio di fallimento della riforma».


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