Non profit

Facebook, twitter e gli altri, il fundraising alla sfida del 2.0

Così i social media stanno cambiando la professione

di Redazione

Per esserci, ci sono. Una pagina Facebook, un account Twitter… Ma essere sui social network non basta: starci male, senza crederci, senza creare una community o far sentire che dietro lo schermo retroilluminato c’è un cuore che non funziona a byte ma a battiti, può rivelarsi addirittura un boomerang. «Sì, le onp sono sui social network, poche però utilizzano a fondo tutti i punti di integrazione a disposizione», conferma Roberto Marmo, consulente e professore a contratto di Informatica presso la facoltà di Ingegneria dell’Università di Pavia, nonché autore di Social network per il non profit (GiveMeAChance editore) e relatore al Festival. «Invece per creare una buona promozione bisogna conoscere gli strumenti messi a disposizione per favorire le onp: ce ne sono sia su Facebook che su LinkedIn che su Twitter. Un punto chiave è far conoscere i profili delle persone che operano nella ong, per scoprire punti di contatto utili per creare relazioni». Se si chiamano social network un motivo ci sarà: è inutile concepirsi da soli, come in vetrina; se non si cerca di tessere rapporti, meglio lasciar perdere. «Un suggerimento è fornire all’utente immagini o link da diffondere con il passaparola, per esempio inserendo logo e slogan della ong per qualche giorno come fotografia nel profilo personale», continua Marmo.
Un errore ancora diffuso riguarda l’approccio alla creazione della presenza nel social network. «Un volontario crea il suo profilo privato in Facebook, e con lo stesso approccio crea il profilo privato della ong», esemplifica il professore, «invece di creare la pagina pubblica Facebook che ha più possibilità di comunicazione». E per quanto riguarda la raccolta fondi? «Stanno arrivando applicazioni Facebook per fare micro-pagamenti, utili per realizzare la donazione e mandare subito messaggi agli amici nel network per spingerli a partecipare», conclude Marmo. «Sono in sviluppo anche servizi web specifici per il non profit con funzioni per la raccolta fondi, in cui il collegamento con il social network permette il passaparola tra gli amici. L’importante è raccontare come vengono usati i fondi raccolti per dare trasparenza, per esempio usare Twitter per il racconto online e Facebook per mostrare fotografie».
Già, il rendiconto. Messi in soffitta i volumi polverosi e la reportistica che in pochi sfogliano, ecco i sistemi 2.0 per raccontare in diretta come vengono usati i fondi. Pioniere in questo campo è Agire, che lo scorso autunno ha sperimentato Twitter come strumento di trasparenza durante l’Emergenza in Africa Orientale, organizzando un ciclo di quattro Tweet Up mensili (riunioni virtuali di utenti interessati a un tema) per raccontare, attraverso la voce degli operatori sul campo, l’evolversi dei progetti avviati. «A differenza della tradizionale newsletter, il tweet è rapido, incisivo e immediato», spiega Davide Moro, che ha curato l’iniziativa per Agire. «Al sostenitore arriva chiara l’immagine della persona che sta scrivendo il report in quel momento in quel particolare posto in cui sta succedendo qualcosa di positivo anche grazie al suo contributo». Alcuni tweet di Agire, prosegue Moro, sono stati particolarmente seguiti tanto da coinvolgere anche personaggi famosi, come Jovanotti, che li ritwittava contribuendo alla loro diffusione.
Un po’ lo stesso obiettivo che si pone lo stesso Festival del Fundraiser, che ha affidato a Roberto Cobianchi della società Mimulus un servizio di Twitter reporting durante le giornate dell’incontro. «Spareremo messaggi e foto a raffica», promette Cobianchi, «e solleciteremo i followers a partecipare con domande, interventi e discussioni su quello che succederà a Castrocaro». Scopo: creare una community tra vicini e lontani e rafforzare identità e obiettivi comuni. E anche se l’Italia non è ancora al livello degli Stati Uniti quanto a utilizzo intelligente dei vari Facebook, Twitter e Viadeo, il futuro per il non profit per Cobianchi sta lì: «Quando anche l’italiano medio, che fa fatica a staccarsi dal bollettino postale e dalla telefonata, capirà che dietro una pagina intelligente sui network ci sono persone appassionate, anche da noi la raccolta fondi online farà segnare percentuali di crescita a due cifre».

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.