Non profit

Far la spesa è uno slalom, tra offerte sottoprezzo e il boom dei discount sotto casa

di Redazione

«Di solito, la grande distribuzione è anticiclica: in periodi di crisi, cresce. E invece…». E invece stavolta la crisi smentisce anche le regole assodate, come con dovizia di numeri mostra Cristina Farina, Client manager di Nielsen, che ha sviluppato una ricerca sui trend del largo consumo italiano, mettendo a confronto quelli della Gdo classica (iper e supermercati) con quelli delle catene di discount. Fenomeno in crescita (fatturato a +8,4% a dicembre 2011, rispetto al -2,1% di iper e super), «soprattutto dal settembre 2011, dopo le prime manovre anti default», sottolineano da Nielsen, ad indicare come l’ulteriore compressione della capacità d’acquisto delle famiglie italiane si sia subito tradotta in un cambiamento drastico di abitudini nell’acquisto dei beni primari di consumo. Alimentari in testa.
«Quello cui stiamo assistendo è una ridefinizione del carrello della spesa», spiega Francesco Cecere, direttore Marketing information e controllo di Coop Italia: «Più che fare attenzione al singolo prezzo, ora gli italiani stabiliscono a priori quanto vogliono spendere, per esempio 50 euro ogni volta che fanno la spesa al super, e dentro quella cifra cercano di ottimizzare il rapporto costi-benefici: magari prendono il detersivo per i panni di primo prezzo, perché mi basta che i panni siano puliti, mentre magari il caffè lo scelgono di marca, o prendono il prodotto di marca quando è in promozione…».
Già, le promozioni, una delle leve attraverso le quali la Gdo cerca di tamponare la perdita del potere d’acquisto delle famiglie. «Tra il 2004 e il 2009 l’incidenza delle promozioni sugli acquisti totali era del 22%; nel primo semestre del 2011 siamo arrivati al 26,7%. E si tratta di ribassi che arrivano anche al 30, 40% del prezzo», sottolinea Stefano Crippa, direttore Area ricerche di Federdistribuzione. «Le altre due leve attraverso le quali i nostri associati tentano di arginare la situazione sono l’allargamento dei prodotti di “primo prezzo”, ovvero della fascia di prezzo più basso, che in genere tengono come benchmark di costo i prezzi del discount più vicino, e l’aumento di tipologie di prodotto ? alimentari in primis ? a marchio del distributore: fino al 2006 rappresentavano il 12,5% degli acquisti, oggi siamo al 16,6%».
Pur nel generale arretramento degli acquisti, c’è un dato positivo che gli esperti tendono a osservare: sarà la crisi, sarà che la sostenibilità comincia a diventare pratica comune, fatto è che «gli italiani sprecano molto meno. Si fanno meno acquisti di grande volume, le “scorte” di cibo che poi si finiva per buttare anche al 30, 40%, e acquisti più frequenti di minore importo», dice Cecere. «Quel che si acquista viene effettivamente consumato in una percentuale maggiore, segno di un cambiamento di cultura nell’economia domestica».

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