«Meno di 12 mesi per arrivare a questo passo. E passando per un processo di elaborazione ispirato alla più ampia partecipazione». È un Giuseppe Guzzetti decisamente soddisfatto quello che il 4 aprile ha guidato il varo della Carta delle Fondazioni. «È un passo importante», commenta il presidente Acri, «perché traccia le linee guida per un orientamento comportamentale comune, capaci di dare sistematicità alle migliori pratiche già sperimentate. In questo modo si dà pienezza di attuazione allo spirito delle norme che regolano le fondazioni».
La Carta è una sorta di codice di riferimento volontario ma vincolante, che ha la funzione di facilitare scelte coerenti nel campo della governance e accountability, dell’attività istituzionale, della gestione del patrimonio. Il documento ribadisce l’autonomia e la terzietà delle fondazioni non solo come principio fondante, ma come strumento e modalità attuativa. Non a caso nel preambolo vengono citate le due sentenze della Corte Costituzionale del 2003 che riconducono «le fondazioni fra i soggetti appartenenti all’organizzazione delle libertà sociali». Questo riconoscimento non può essere disgiunto «dall’assunzione di una piena responsabilità per le finalità di interesse generale loro affidate e per le attività poste in essere».
Tra i vari campi nei quali la Carta indica le linee guida di comportamento, c’è anche quello ? oggi delicatissimo ? della gestione del patrimonio. La raccomandazione a diversificare gli investimenti è chara: «La gestione del patrimonio deve essere fondata su diversificazione e controllo del rischio, funzionali ? oltre che a salvaguardare l’integrità del patrimonio stesso ? a produrre una redditività in grado di consentire il perseguimento degli obiettivi di missione». Ovviamente entra in gioco anche la questione degli investimenti nelle “banche di riferimento”, sui quali la Carta suggerisce una posizione ragionevole: l’investimento va visto come sostegno all’economia del territorio, ma bisogna evitare la tentazione di entrare nella gestione operativa. Ora tocca alle singole fondazioni adottare la Carta, indicandola come riferimento nei propri statuti.
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