Non profit
Fondi europei, com’è difficilebspendere a Mezzogiorno
il caso Nella casse delle Regioni del Sud ci sono ancora 3 miliardi di euro
di Redazione
Il ministro Scajola ha scritto una lettera ai governatori: c’è tempo fino al 31 dicembre perché Bruxelles non si riprenda le risorse. Che dovrebbero servire anche a finanziare gli interventi sociali: dal reinserimento delle persone svantaggiate fino allo sviluppo del terzo settore T re miliardi di euro. E una scadenza, il 31 dicembre, che si avvicina a passi da gigante. Ce la faranno le Regioni del Sud a spenderli tutti? Alla fine, dicono i beninformati, i fondi comunitari saranno spesi fino all’ultimo centesimo. Ma non tutti, a partire dal ministro Claudio Scajola, la pensano così. C’è il rischio, ha scritto il titolare dello Sviluppo economico in una lettera ai governatori del Mezzogiorno, che Bruxelles si riprenda le risorse della programmazione 2000-2006. Tre miliardi di euro, su un totale di 6,7 miliardi di risorse europee e nazionali, non ancora spesi alla data del 30 aprile, destinati alla costruzione di strade e di depuratori, alla sviluppo delle imprese e alla ricerca scientifica. Ma anche all’inclusione e al terzo settore.
il dirottamento delle risorse
Vita ha chiesto all’Igrue, l’ispettorato della Ragioneria generale dello Stato, una fotografia sull’attuazione finanziaria delle principali linee di azione con ricadute sul sociale. I risultati sono aggiornati al 30 giugno. Le Regioni hanno effettuato pagamenti superiori all’80% del contributo a disposizione. Non mancano, tuttavia, dati preoccupanti. Specie per le misure dedicate al terzo settore. Si tratta di dati, è bene precisarlo, relativi all’intero Sud e aggregati per macro aree di intervento.
Il primo dato degno di nota è la spesa per le iniziative in favore della legalità e della sicurezza. Su quasi 23 milioni di euro disponibili, sono stati spesi solo 5,7 milioni, pari al 25% del contributo. Altro “risultato” significativo riguarda l’attuazione di «Azioni formative e piccoli sussidi», una misura che prevede forme di sostegno finanziario mirate al reinserimento lavorativo di soggetti svantaggiati, al rafforzamento e allo sviluppo imprenditoriale del terzo settore. A fine giugno, su 26,6 milioni di euro, sono stati effettuati pagamenti per 12,4 milioni (46,6%). In entrambi i casi, balza agli occhi, inoltre, la differenza fra il contributo totale a disposizione e le somme impegnate. Le Regioni del Sud hanno impegnato per le iniziative in favore della legalità e la sicurezza e per i piccoli sussidi, rispettivamente 13 e 4 milioni di euro in meno rispetto al contributo totale. Somme probabilmente dirottate, durante la rimodulazione effettuata a metà programmazione, su altri interventi. «Il ritardo nell’avvio dell’azione «Piccoli sussidi» potrebbe essere legato alla difficoltà di utilizzare uno strumento di gestione quale è quello della Sovvenzione globale», spiega Annachiara Giorio , ricercatrice dell’Isfol che ha dedicato uno studio all’utilizzo dei fondi strutturali da parte delle imprese sociali meridionali.
Il meccanismo della Sovvenzione
La Sovvenzione comporta, infatti, la scelta di un organismo terzo di gestione dell’intervento, esterno alle Regioni cioè, a cui è delegata l’attuazione delle azioni previste. Una modalità che mira a snellire le procedure burocratiche e che al Nord, dove la trama del tessuto sociale è più fitta, ha funzionato bene. «Al Sud», spiega Giorio, «si osserva inoltre una difficoltà di coordinamento tra le politiche sociali, occupazionali, formative e produttive dirette all’impresa sociale e fra le politiche messe in atto con i fondi strutturali e quelle con risorse nazionali o regionali: si va dalle sovrapposizioni al vuoto di iniziative».
A poche settimane dal 31 dicembre è in ritardo, inoltre, l’attuazione di altre tre linee di intervento: miglioramento dell’offerta di servizi sociali (è stato speso il 51,3% dei 28,7 milioni di contributo totale disponibile), promozione e partecipazione femminile al mercato del lavoro (71,1% su 313 milioni di euro), prevenzione della dispersione scolastica (84,4% su 206 milioni di euro). In questi ultimi due casi, tuttavia, il rapporto fra pagamenti e impegni di spese è al 92%.
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