Welfare

Formazione e reskilling. Puntare su servizio civile e sistema duale

Le imprese hanno difficoltà a reperire operai specializzati, tecnici, professionisti e artigiani. Per soddisfarle occorre creare le competenze richieste. L'analisi di Luigi Bobba sul numero del magazine di marzo

di Luigi Bobba

Il nuovo governo e il ministro del Lavoro Andrea Orlando si sono trovati subito di fronte ad una scelta rilevante: se prorogare o meno il blocco dei licenziamenti in vigore fino al 31 marzo. Stop ai licenziamenti, nuovo piano ristori per autonomi e collaboratori e Cassa integrazione sono temi spinosi ma che rappresentano solo la parte emersa dell’iceberg. Ma allo stesso tempo, il rischio di un impatto devastante deriva ancor di più dalla parte nascosta dell’iceberg — lavoro. E, come si sa , ciò che le acque nascondono è molto più grande e pericoloso, di quello che riusciamo a vedere in superficie.

Fuor di metafora, la parte nascosta dell’iceberg è rappresentata dai dati che l’Istat ci ha messo sotto gli occhi poche settimane fa. Nonostante il blocco dei licenziamenti, il sistema Italia ha perso nell’ultimo anno 444mila occupati. Di questi, i tre quarti sono donne. Il prezzo più pesante lo hanno pagato le persone con contratto a termine (-393mila) e i lavoratori autonomi (- 209mila). Il 30% circa dei giovani sono inoccupati e si è gonfiato il numero degli inattivi, cresciuti di 150mila unità. Come evitare che giovani, donne, precari e lavoratori autonomi siano ulteriormente colpiti dalla crisi pandemica? Certo, bisogna investire, fare “debito buono” come ha detto il presidente del consiglio Draghi, creare cioè le condizioni perché le imprese possano crescere ed innovare. Ma non basta. Uno dei nodi irrisolti riguarda la carenza di politiche attive del lavoro. Ecco una delle priorità del Pnrr, da tener ben presente nella riscrittura che il nuovo Governo intende fare.

Per questa “missione” suggerisco tre vie che presuppongono sia un’adeguata destinazione di risorse, sia una necessaria riforma delle attuali normative. Innanzitutto, sviluppare il sistema duale della formazione. Nato con il Job Act, è incentrato essenzialmente su due strumenti: apprendistato formativo e istruzione tecnica superiore. Quali le ragioni per motivare tale scelta? Primo: per abbattere il tasso di abbandono scolastico nel conseguimento della licenza dell’obbligo e dei titoli secondari — oggi superiore al 16% — per portarlo, come ci chiede la Ue, sotto il 10%. Secondo: il nostro Paese,nonostante l’alto tasso di inoccupazione giovanile, presenta un forte mismatch tra domanda e offerta di lavoro. Unioncamere ci dice che le imprese hanno difficoltà a reperire operai specializzati, tecnici, professionisti e artigiani sia per carenza di candidati che per mancanza delle competenze necessarie. Il sistema duale di istruzione e formazione si è rivelato — in questi ultimi tre anni — uno strumento efficace per ridurre l’abbandono scolastico e favorire la transizione scuola/lavoro. Forma — la principale rete delle agenzie formative accreditate dalle Regioni — ha avanzato una proposta che l’ultima versione del Pnrr ha recepito solo parzialmente. Serve un investimento di più di 5 miliardi per raggiungere circa 160mila giovani disoccupati senza un titolo di studio secondario in modo da farli accedere, in apprendistato formativo, all’ultimo anno dei percorsi triennali di istruzione e formazione professionale per il conseguimento della qualifica o del diploma professionale. E di coinvolgere, circa 400mila Neet con diploma di scuola secondaria, da inserire, in apprendistato duale di terzo livello, finalizzato al conseguimento di un diploma di istruzione tecnica superiore.

Una seconda via a cui attribuire risorse è il Servizio civile universale. La legge di bilancio 2021 ha disposto di portare a 300 milioni lo stanziamento annuale, in modo da poter avviare circa 55mila volontari. Un buon segnale ma insufficiente per accogliere tutte le domande di coloro che vorrebbero fare questa esperienza, che nel 2021 sono state oltre 125mila. Infatti, il Servizio civile si è rivelato uno strumento utile per far crescere una cultura della solidarietà, ma altresì un modo per consentire ad alcune decine di migliaia di giovani di fare un’esperienza utile per maturare competenze spendibili per il successivo inserimento professionale. Diverse ricerche ci dicono che la possibilità di occuparsi e la durata della transizione scuola/lavoro sono significativamente migliori per i giovani che hanno fatto servizio civile rispetto alla generalità della popolazione giovanile. E per diffondere la cultura del volontariato e dell’impegno civico si potrebbe sperimentare un’ alternanza scuola/servizio civile per tutti i giovani tra i 16-18 anni che frequentano una scuola secondaria o la formazione professionale.

Due strade complementari che richiedono complessivamente circa due miliardi di investimento. Infine occorre mettere mano rapidamente alla regolazione degli strumenti di inserimento al lavoro dei giovani: tirocinio e apprendistato. La prospettiva è quella di avere l’apprendistato come unico e vero contratto di formazione….

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*Luigi Bobba ex sottosegretario al Lavoro e presidente di Terzjus

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