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G8. Prodi: basta con le promesse vane all’Africa

«E' un rimorso che ho» ha detto l'ex premier nella sua nuova veste di presidente del Comitato Onu per il peacekeeping in Africa

di Redazione

«Ho concluso di più in mezz’ora di colloquio con il presidente della Cina che in tre giorni di riunioni con voi del G8». Nelle parole di un leader africano c’è tutta la distanza tra la politica di Pechino in Africa e quella del mondo occidentale, secondo Romano Prodi che le ha riferite durante una lezione all’Università Cattolica di Milano.

L’ex premier italiano si è augurato che al G8 di luglio alla Maddalena ci sia «un salto di qualità». «Non abbiamo mai mantenuto le promesse, è un rimorso che ho», ha detto ricordando di aver partecipato a dieci riunioni dei Grandi. Prodi presiede da settembre scorso il Comitato Onu-Unione Africana (Ua) sul “peacekeeping” in Africa e nei prossimi giorni presenterà al Consiglio di sicurezza un rapporto sullo sviluppo delle missioni militari nel continente.

«Nel giro di dieci anni l’Unione africana deve svolgere un ruolo determinante di peacekeeping nei conflitti del continente», sempre sotto l’ombrello dell’Onu, ha detto Prodi. L’ex presidente della Commissione europea conta di coinvolgere anche la Cina nel fondo per finanziare le missioni dell’Ua: «Ne ho parlato a novembre con il presidente cinese. La risposta è stata di «seria attenzione».

«La Cina ha un approccio globale, continentale – ha sottolineato Prodi -. Ha rapporti economici con quasi tutti gli Stati africani. La sua politica è spregiudicata ed efficace, con decisioni rapide e senza nessuna ingerenza negli affari interni dei Paesi. Esporta tecnologia, capitali e uomini. Certo, ci sono anche i difetti: nessun rapporto con le Ong e tensioni con le popolazioni locali, ad esempio. Non voglio certo esaltare il modello cinese…».

Dall’altro lato pero’ c’è l’Unione europea che, secondo Prodi, ‘ha una velocita’ di reazione cento volte inferiore a quella cinese». Pesa «un residuo dell’influenza coloniale» che porta alcuni Paesi europei a intervenire solo nelle ex colonie, anche sul piano militare, in caso di crisi. E questo a volte ‘influenza i conflitti. O c’è un’altra politica dell’Ue o il problema è irrisolvibile e gli effetti saranno drammatici».

Una soluzione è sviluppare le strutture dell’Unione africana. «Ma per questo ci vogliono soldi, molti di più di quelli stanziati finora – ha concluso Prodi -. E i Paesi dell’Ue non li trovano e non vogliono trovarli».

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