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Est inquieto

Georgia, la società civile imbavagliata chiede l’Europa

Come in Russia, è arrivata anche a Tiblisi una legge che colpisce le ong come "agenti stranieri". La reazione dei georgiani - il 90% dei quali vorrebbe far parte dell'Unione europea - è stata veemente e sabato si replica con almeno 200mila persone attese nella capitale dietro la parola d'ordine: "Cammino verso l'Europa"

di Paolo Bergamaschi

Che spesso non corra buon sangue fra il mondo associativo e il potere è un fatto risaputo. D’altronde uno dei compiti precipui delle organizzazioni non governative è proprio quello di marcare stretto gli organi di governo denunciandone le inefficienze, le lacune e le malefatte.

Va sottolineato, peraltro, che il Terzo Settore riempie, frequentemente, spazi essenziali che le politiche governative non sono in grado di coprire oltre che a svolgere una funzione di stimolo per chi detiene le leve del potere. La vitalità della società civile è un indicatore primario con il quale misurare il funzionamento di una democrazia. Società civile e società politica, infatti, dovrebbero operare in simbiosi interagendo proficuamente per una corretta gestione del bene comune.

Capita, tuttavia, che la presenza critica delle organizzazioni non governative indipendenti venga vissuta con fastidio, se non con malcelato sospetto, da parte dei governi. E se questo accade nelle democrazie mature figuriamoci cosa può succedere con regimi autoritari. L’Unione europea mette a disposizione importanti finanziamenti per chi opera nel terzo settore sia per progetti all’interno dell’Unione che per programmi in altri paesi in linea con i principi e gli obiettivi europei. Sono fondi che vanno alla cooperazione, allo sviluppo, al dialogo interculturale, alla promozione della pace, alla difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Le ong messe al bando come “agenti stranieri”

Per le ong sono una manna che viene dal cielo; non così per chi detiene il potere che li considera come un elemento di potenziale destabilizzazione. Nella Federazione Russa sono ormai parecchie le organizzazioni indipendenti della società civile o messe al bando o etichettate come “agenti stranieri” o incluse nella lista delle “organizzazioni indesiderabili” con le famigerate leggi adottate dalla Duma nel 2012 e 2015. Vladimir Putin ritiene che i finanziamenti occidentali siano alla base delle “rivoluzioni colorate” che hanno portato al cambio di regime in Georgia nel 2003 e in Ucraina, prima nel 2004 e poi nel 2014 con la mobilitazione di Piazza Majdan. “Meglio coprirsi le spalle per evitare brutte sorprese”, ha pensato l’inquilino del Cremlino.

Una nuova legge liberticida

Anche altre repubbliche dell’ex Unione sovietica hanno approvato provvedimenti simili a quelli in Russia, ultima in ordine di tempo il Kirghizistan lo scorso mese. In Georgia sta accadendo lo stesso. La scorsa settimana il parlamento di Tbilisi ha votato in seconda lettura la legge sulla “Trasparenza dell’influenza straniera” subito ribattezzata dall’opposizione come “legge russa”. Tutte le associazioni che operano nel paese ricevendo almeno il 20% dei fondi del proprio bilancio dall’estero ricadono nelle maglie del provvedimento che impone complicati requisiti di rendicontazione, minuziose ispezioni e controlli da parte del ministero della Giustizia e responsabilità penali oltre all’obbligo di registrarsi e auto-identificarsi come “organizzazione che persegue gli interessi di una potenza straniera”.

Novanta georgiani su 100 chiedono di entrare nell’Ue

Di fatto una museruola alla società civile. Che immediatamente è scesa in piazza in massa per protestare riaffermando il futuro europeo della Georgia. Dal dicembre scorso, infatti, il paese ha ottenuto da Bruxelles lo status di candidato all’adesione. Secondo i sondaggi quasi il 90% della popolazione è favorevole all’ingresso nell’Ue che, tuttavia, ha ribadito che la legge, se venisse definitivamente adottata a metà maggio, sarebbe di ostacolo al cammino europeo.

Anche la presidente della Georgia, Salomè Zurabichvili, ha annunciato che porrà il veto al provvedimento che il parlamento, però, potrebbe, a sua volta, ribaltare. Il braccio di ferro è destinato a durare e a farsi incandescente. Sabato prossimo è stata indetta una grande manifestazione nella capitale, dove si prevede la partecipazione di almeno 200mila persone, un numero esorbitante per la piccola repubblica caucasica.

«La mobilitazione prende il nome di Cammino verso l’Europa», mi racconta da Tbilisi Davit, un amico giornalista. «Abbiamo bisogno del sostegno di tutti i cittadini perché la disinformazione russa si sta diffondendo come il cancro!», dice. Anche nel febbraio dello scorso anno il parlamento georgiano aveva tentato di approvare una legge simile a quella odierna salvo poi fare retromarcia di fronte alla massiccia protesta popolare. Si preannunciano giorni molto caldi a Tbilisi.

Nella foto in apertura, di Zurab Tsertsvadze per Associated Press/LaPresse, le manifestazioni della scorsa settimana.

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