Terzo settore & Progetto di vita

Giorgia Sordoni: «Progetto di Vita, perché la portabilità del budget non deve far paura alle cooperative»

La riforma della disabilità, introdotta dal decreto legge n. 62/2024, ha imposto una profonda e articolata riflessione anche al Terzo settore. Fondazioni, associazioni, cooperative come stanno rispondendo alle sfide? In dialogo con Giorgia Sordoni, presidente della cooperativa sociale Centro Papa Giovanni XXIII di Ancona e di Federsolidarietà Marche

di Nicla Panciera

Qual è il ruolo del Terzo settore – associazioni, cooperative, enti gestori – nel cambiamento disegnato dalla riforma della disabilità e dal decreto legislativo 62/2024? A quali sfide è chiamato? In cosa deve cambiare? Quale contributo può portare? Prosegue il racconto a più voci per guardare dentro il cambiamento in atto, con le sue opportunità e le criticità da affrontare. Ne abbiamo parlato con Giorgia Sordoni, presidente di Federsolidarietà Marche e consigliere di presidenza di Confcooperative Federsolidarietà.

Che al cambiamento sia chiamato anche il Terzo settore, lei non ha dubbi…

Innanzitutto è importante premettere che, in riferimento al Decreto legislativo 62, le associazioni, le cooperative e in generale gli Enti del Terzo Settore – Ets potranno assumere un ruolo importante nell’attuazione della riforma. Questo non solo perché il decreto li menziona esplicitamente, ma soprattutto per il valore che hanno dimostrato di produrre nella vita delle persone con disabilità che accompagnano. Il decreto, pur mantenendo come obiettivo centrale la soddisfazione dei desideri e delle aspettative delle persone con disabilità – che non sono solo beneficiarie del Progetto di Vita, ma anche protagoniste di tutto ciò che il decreto promuove – riconosce in più punti il ruolo fondamentale del Terzo settore. Questo riconoscimento, già previsto dalla legge delega n. 227 del 2021, appare nel testo sia in modo esplicito che, a mio parere, implicito. È molto chiaro, ad esempio, quando l’articolo 24, comma 3, lettera c) prevede la partecipazione dei rappresentanti degli Ets all’Unità di Valutazione Multidimensionale (Uvm), su richiesta della persona con disabilità. Oppure quando l’articolo 28, comma 2, richiama i principi di co-programmazione e co-progettazione con gli Ets per la definizione del budget di progetto.

Qual è la vera sfida?

La vera sfida, però, sarà rappresentata dai ruoli meno espliciti che gli Ets potranno assumere. In questi casi, le organizzazioni ed i loro operatori dovranno dimostrare competenza e capacità di supporto, diventando altresì attrattivi  per le persone con disabilità. È proprio qui che si andrà recuperata la funzione principale del Terzo settore: è sull’essere “scelti” che ci si giocherà reputazione e credibilità.

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