Neet

Giorgio, Ingrid e gli altri: come la prossimità può cambiare i destini

Grazie a un progetto della Fondazione Èbbene alcuni ragazzi che non studiano e non lavorano di Palermo e Messina sono stati formati per entrare nel mondo del lavoro, ma non solo. Hanno trovato ascolto, comprensione e dialogo. E, soprattutto, nuove relazioni

di Veronica Rossi

Giorgio (nome di fantasia) ha poco più di 20 anni. È il fratello maggiore di tre sorelle; i suoi genitori si sono separati quando ancora era piccolo, il padre è finito in carcere. Ha dovuto crescere in fretta. A 11 anni, durante una visita, il papà gli ha detto: «Ora sei tu l’uomo di casa» ed è un peso che non riesce a togliersi di dosso, sente la responsabilità della famiglia: gestire le emozioni della madre, provvedere ai bisogni delle sorelline. Ha dovuto lasciare la scuola in seconda liceo. Oggi è caduto in un circolo vizioso, da cui sta cercando di uscire. Ma ama la filosofia, studia da autodidatta, medita, legge. E vorrebbe tornare a scuola.

Questa è solo una delle storie delle persone che hanno partecipato al progetto Neet in campo”, realizzato dalla Fondazione Ebbene a Palermo e Messina nei centri di prossimità Mcl Messina e Sviluppo solidale, con il sostegno del Fondo di beneficenza e opere di carattere sociale e culturale di Intesa Sanpaolo. L’iniziativa ha lo scopo di promuovere lo sviluppo professionale e personale di coloro che, tra i 18 e i 35 anni, non studiano e non lavorano, i neet, appunto, che in Sicilia rappresentano circa il 45% dei giovani. Anche per chi trova un impiego, non è tutto rose e fiori: spesso i salari sono bassi e le prospettive di carriera sono scarse. È per questo che dall’isola molti se ne vanno: sono 50mila gli under 35 a emigrare ogni anno.

«Ci occupiamo delle bussole che girano in continuazione senza posarsi mai in una direzione concreta», dice Giorgia Farinella, operatrice di prossimità. «Il progetto nasce per aiutare i giovani ad avere delle competenze precise per affrontare la vita attiva e quindi il mercato del lavoro, dalla compilazione dei curricula alle lettere di presentazione; li prendiamo in carico con tutto il nucleo familiare: è il modello di Ebbene, non si riferisce mai solo al beneficiario diretto ma anche a chi gli sta intorno».

Questi ragazzi non hanno solo bisogni che riguardano il lavoro. Hanno una grande esigenza di sentirsi ascoltati, compresi, visti e valorizzati.

Giorgia Farinella

Grazie all’aiuto degli operatori, i neet fanno un bilancio di competenze: «Io lo chiamo un viaggio cartaceo», continua Farinella, «che ti fa riscoprire quali sono i tuoi talenti e i tuoi interessi». Sono stati svolti anche corsi di abilità sociali, il primo incentrato sul racconto delle proprie esperienze professionali, con giochi di simulazione in cui a turno i beneficiari impersonavano il datore di lavoro che avrebbe dovuto assumerli. Il secondo appuntamento ha riguardato la burocrazia e le questioni amministrative legate al lavoro. Cos’è l’Irpef, per esempio, o il Tfr. «Sapere queste informazioni è importante», chiosa l’operatrice. «Abbiamo avuto ragazzi assunti per 10 ore a settimana che però ne facevano 80. Volevamo anche trasmettere il coraggio di cambiare la propria posizione lavorativa, ma non è sempre facile, perché, qua in Sicilia, le opportunità non sono tante». L’ultimo incontro ha invece riguardato la finanza agevolata e le politiche attive, soprattutto in favore di un neet che vuole aprire la sua impresa.

Sia a Messina che a Palermo vengono realizzati degli hackaton, dei momenti di condivisione e di formazione con esperti, pensati per acquisire competenze strategiche e professionali, sviluppando al contempo una maggiore consapevolezza nel prendere decisioni e affrontare il futuro. Forse, però, il tesoro più grande che viene regalato dall’iniziativa è tutto il bagaglio di relazioni e di legami che si creano. Che sono importantissime.

Ingrid (nome di fantasia) è andata in Germania da piccola con la mamma, dopo la separazione dei genitori. La madre, di nazionalità rumena, lavorava come addetta alle pulizie in una grande azienda. Là ha iniziato a lavorare anche Ingrid, dopo 16 anni in terra tedesca, è diventata capo delle risorse umane. Poi, la terribile notizia dalla Sicilia: il papà stava male e lei, essendo figlia unica, ha dovuto tornare. Pur avendo titoli e competenze, ora Ingrid lavora in nero, fa la baby sitter, perché per lei non ci sono possibilità. Da un po’, però, è arrivata al Centro di prossimità e al progetto “Neet in campo”, grazie al Centro per l’impiego, che collabora all’iniziativa. Ora la ragazza ha trovato degli amici, è meno smarrita. Non dice più, come diceva all’inizio, che si sente «un fantasma» in città.

«Io amo fare i grafici a torta», conclude Farinella, «e ne faccio anche coi bisogni dei ragazzi. Mi accorgo così che forse la fetta più piccola è quella che rappresenta il lavoro. Hanno una grande esigenza di sentirsi ascoltati, compresi, visti e valorizzati. Parliamo di giovani che vivevano ai margini, che non avevano il proprio gruppo di amici, che guardavano i gruppi da lontano perché ne erano esclusi. Qui fanno amicizia, si conoscono, si aiutano a vicenda, nonostante abbiano davvero tantissimi problemi. È questo che ci fa capire che stiamo lavorando bene sulla prossimità».

Foto in apertura da Unsplash

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