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Gli incontabili. L’america desaparecida.

Il grande censimento del 2000 non conterà davvero tutti i cittadini degli Stati Uniti.Ben dieci milioni infatti sfuggiranno a tutte le statistiche.

di Giuseppe Frangi

Per entrare in America Mohammed Hanif ci ha messo dieci anni. Non di viaggi su mezzi di fortuna e lavori occasionali. Dieci anni per avere un visto che, a questo sessantenne delle Fiji con una barba bianca lunga quasi come la sua attesa, doveva garantire diritti, rispetto, rappresentanza politica e magari anche un lavoro. Quella democrazia a stelle e strisce, insomma, che l’America non nega a nessuno. O meglio, a nessuno dei cittadini che ogni dieci anni vengono contati: agli altri, niente. Anche se sono tanti: nel censimento del 1990 sono state oltre otto milioni le persone che vivono e lavorano negli Stati Uniti, sfuggite alla conta. Hanif è uno di loro, e come i 63 mila asiatici che oggi si stima vivano in California senza parlare correttamente inglese, rischia di rimanere escluso anche dal censimento del 2000, di perdere così una fetta della spesa pubblica per i cittadini, e anche una fetta di quella privata per i suoi “target” di mercato. E, soprattutto il rispetto. «Chi non viene contato», spiega infatti Steve Jost del Census Bureau, «non viene rispettato». Anche se esiste….. Famiglie invisibili Perché il primo censimento del Nuovo millennio sia il più preciso possibile, come piace a politici ed esperti di marketing, la Corte Suprema ha stanziato 6 miliardi e mezzo di dollari, spedito formulari più facili da leggere e compilare ai 120 milioni di indirizzi conosciuti negli Usa e sguinzagliato migliaia di ispettori sulle tracce dei 45 milioni di famiglie che si stima non risponderanno ai loro questionari. Per problemi simili a quelli di Hanif, oppure per scelta. Come gli Hastings, una delle tante famiglie “dropout”, o allontanatesi volontariamente dalla società, alla quale diventare un numero del censimento americano non interessa nulla. «Un anno fa, con mia moglie e i miei tre figli, ho caricato il furgone di polli e conigli, lasciato il Sud del New Hampshire e guidato fin qui, in Maine», spiega Gordon Hastings che oggi vive in una casa di legno senza Tv ed elettricità a un’ora di cammino dalla prima strada asfaltata, crescendo ed educando i suoi figli nella natura. «Il 5 per cento di queste famiglie sono molto difficili da trovare», spiega Jost. «Pensano che il governo non abbia il diritto di interferire nelle loro vite e, soprattutto in alcune comunità del Montana, non esitano a imbracciare un fucile per farti allontanare dalla loro terra». La stessa accoglienza che, agli uomini del Census Bureau, riservano i capi delle gang newyorkesi. Incontabili perché difficilissimi da avvicinare nei sobborghi delle grandi città dove chi ha i documenti in regola è comunque un “fratello” di chi non li ha e gli ispettori del censimento fanno paura come quelli di polizia o dell’Fbi. Inutile provare a convincerli che compilare i moduli è nel loro interesse: «“Queste zone avrebbero più finanziamenti”, diciamo loro, ma essere schedati dal governo fa paura», puntualizza Jost. «E pensare che la Città di New York, a causa dei cittadini non contati nel 1990, ha perso 415 milioni di dollari di finanziamenti per i malati di Aids, che guarda caso si concentrano proprio nei quartieri più poveri». La maggior parte degli incontabili non sa neppure quali sono i propri diritti, e a farne la spese sono soprattutto i bambini: più della metà dei cittadini americani che non compaiono nelle statistiche del censo hanno meno di 15 anni. Dovrebbero andare ed essere registrati nelle loro scuole, ma chi costruisce banchi e lavagne per bambini che non esistono? «Nel solo Texas ci sarebbe bisogno di 200 nuove scuole che nessuno però costruisce perché non ci sono statistiche che ne dimostrino il bisogno», spiega David Arizmendi, uno dei 500 mila abitanti di Las Colonias, quartiere poverissimo di Starr Country dove si vive con 6 mila dollari e le case non hanno un tetto o un bagno fin quando, mattone dopo mattone, non arrivano i soldi per costruirle. Figuriamoci servizi sociali o comunitari. Esisti? Non importa Chi non entra nel censimento non ha diritto a una rappresentanza politica e senza qualcuno che li chieda per te, i soldi del governo non arrivano. Soprattutto se, nel Paese delle pari opportunità, i sogni si trasformano in realtà solo per chi ha la pelle bianca. Secondo l’ultimo censimento, i nativi americani oggi rappresentano l’uno per cento della popolazione, ma il numero di quelli che vivono nelle riserve è sottostimato del 12 per cento ed è quasi impossibile monitorare la crescita demografica di chi vive tra i ghiacci dell’Alaska cacciando e spostandosi in continuazione per seguire gli animali. E incontabile rimane anche una gran parte degli afroamericani, per i quali i tempi non sono poi così cambiati da quando, nel 1787, si stabilì che periodicamente dovevano essere contate tutte le persone libere e tre quinti delle altre, ossia gli schiavi. I loro discendenti oggi rappresentano il 12.7 per cento degli americani, ma sono sottostimati del 4.4 per cento e tra i soggetti più a rischio di non comparire nel prossimo censimento. «Il problema non è tanto che gli afroamericani fanno più resistenza dei bianchi a farsi contare», spiega il direttore del Census Bureau Kenneth Prewitt, «ma, piuttosto, che spesso sono disoccupati, lavoratori stagionali che migrano per seguire i raccolti o persone con una scarsa educazione». Come Thelma Moore, del Mississippi, che ha quattro figli, entrate che la collocano nel 20 per cento più povero della popolazione e poche possibilità per costruirsi un’altra vita. Forse anche meno di Pedro e Miguel Gallegos Garcia, due fratelli messicani che oggi lavorano nelle piantagioni della California per 5 dollari all’ora come la maggior parte dei latini d’America: il segmento della popolazione americana che cresce più in fretta ed è più difficile da monitorare. «Dei 3 milioni di messicani che nel 1998 secondo noi hanno cercato di entrare illegalmente in America, un milione e mezzo sono stati catturati. Gli altri, probabilmente, ora sono in California; ma dove, come e con chi vivono è difficilissimo da scoprire», puntualizzano gli ispettori del censimento. Che non hanno vita facile neppure con i rifugiati: oltre 100 mila persone in fuga da guerre e persecuzioni che hanno cercato rifugio negli Stati Uniti l’anno scorso e non tutti si fidano del governo americano al punto da voler rientrare nel suo censimento. Anzi, quasi nessuno: «Non siamo venuti qui perché lo volevamo e questo Paese ci piaceva, semplicemente non avevamo altra scelta», racconta Pao Yang, scappato 21 anni fa dal Laos con i suoi genitori, tre sorelle, moglie e figli per non vivere in un Paese comunista e oggi padre di figli con nomi americani come Austin. Cittadini di nome ma, nella maggior parte dei casi, non di fatto. Perché se non rientri nelle statistiche, non sei nessuno e non ti rispettano. Anche se esisti…


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