Dopo il G8, che ha messo sotto l’occhio del mondo anche i prodotti tipici d’Abruzzo, si è aperta a Milano la settimana dell’Expo, che celebra gli Stati generali sul tema Nutrire il pianeta, energia per vita. Un momento di confronto voluto per coinvolgere la gente su un evento che nel 2015 porrà alla ribalta il tema alimentare. Ma l’Expo non va confuso – con tutto il rispetto – con le sessioni della Fao. Certo si parlerà di fame, ma anche di gusto, aspetti che hanno a che fare con l’alimentazione. Ed è paradossale notare come il non-gusto sia alla base delle patologie alimentari di questo secolo, dove l’obesità è quella più visibile. Il non gusto, l’appiattimento alimentare, dove arriva fa danni: nei Paesi ricchi e nei Paesi poveri. C’è infatti un modo di pensare al pianeta da sfamare che non tiene conto di un fattore naturale: il gusto. Il gusto c’è, non è per ricchi o poveri: è un dato, che cresce nelle comunità in ogni parte del mondo.
Per questo la ricetta sbrigativa di sfamare il pianeta con un cibo o coltivazioni geneticamente modificate non risolve magicamente situazioni, che invece vanno accompagnate, amate, valorizzate. Durante i lavori preparatori di Expo 2015, all’interno del Comitato scientifico, sono stati tanti gli esempi di quando, sradicando una tradizione, ossia la capacità dell’uomo di rapportarsi con la terra, si arrivi a fare danni. Danni come nuove patologie, come la perdita di riferimenti culturali che nel cibo hanno un valore evocativo importante. C’è poi una differenza sostanziale tra il modo di cibarsi dell’uomo e quello degli animali. In questi ultimi è istintivo e fonte di lotte e divisioni, mentre l’uomo modella l’istintività dentro una regola segnata dalla scansione delle stagioni. E il mangiare è un momento comune, di condivisione e convivialità. Per questo la parola compagnia, che non evoca il branco, significa cum panis: dividere il pane. Dalla riconsiderazione di un’origine, credo, si dovrà partire. Guardando più alla naturalità dell’uomo sulla terra,che alla bacchetta magica delle multinazionali del cibo.
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