Viareggio. Uno schianto a mezzanotte e un incendio che si sprigiona da entrambi i lati della ferrovia. Un treno merci diretto a Pisa ha deragliato nella stazione di Viareggio, e un’enorme bombola Gpl è esplosa provocando una tragedia di proporzioni notevoli: 17 morti, 15 feriti di cui alcuni gravi, due palazzine distrutte e altre tre evacuate, centinaia di sfollati. Nel cuore della Versilia, a un passo dalla spiaggia già estiva, una tragedia terribile. Secondo le prime analisi, si sarebbe trattato del cedimento strutturale di un carrello del primo carro cisterna, il vagone che poi ha provocato la catastrofe. Ancora una volta, come già per altre tragedie su strada ferrata, il tema è la sicurezza e la manutenzione di impianti non proprio recenti. I sindacati dei ferrovieri parlano di tragedia annunciata e segnalano diversi avvertimenti ignorati dai dirigenti. Per tutti lancia l’accusa Epifani: «I primi riscontri darebbero ragione ai tanti allarmi lanciati in questi mesi dai sindacati», ha spiegato. «Nelle Ferrovie c’è un uso di materiali troppo vecchi». «Non è possibile che succedano queste cose in un Paese civile», ha detto Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. «È una tragedia enorme. È necessario investire in infrastrutture e sicurezza. La tutela delle persone viene prima della crisi». Molti accostano, per contrasto, l’eccellenza dell’alta velocità alla tragedia di Viareggio, l’accusa è pensare troppo alla super serie A della Tav e non curare abbastanza la sicurezza del trasporto merci. Le opposizioni chiedono le dimissioni del ministro dei Trasporti, Matteoli, che risponde: «Questi carri non sono italiani, sono di origine austriaca e immatricolati in Germania. Alcuni pezzi arrivano anche dalla Polonia». Certo, per il nostro Paese il trasporto su rotaia non è stato strategico per troppi anni, avendo poche attenzioni e finanziamenti rispetto al mercato dell’auto e alla rete autostradale. Sono conti di mancanza infrastrutturale che si pagano tutti insieme in un solo tragico colpo.
Ma per ricordare le vittime, basta una storia. Quella di un giovane calciatore: si chiamava Hamza e aveva solo 17 anni. «È morto per salvare la sua sorellina di due anni. Lei è uscita viva dalla casa. Lui no», ha raccontato un compagno di scuola del giovanissimo cittadino marocchino morto nella sua abitazione crollata, dove viveva con i genitori, una sorella ventenne e la piccolina. «Era un ragazzo bravissimo, timido, generoso», ricorda l’amico. Hamza era un tifoso del Milan e giocava nelle giovanili del Camaiore. È svenuto mentre cercava disperatamente nella casa la sorellina di due anni, che invece si è salvata. Lui, purtroppo, no.
Nessuno ti regala niente, noi sì
Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.