Welfare

Hashim, il mio prof che ora è clandestino

L'odissea di un insegnante in fuga dalla Siria

di Redazione

Vedo sul cellulare una telefonata con prefisso strano. Indago. Viene dalla Grecia. Richiamo. Mi risponde un insegnante di arabo dei miei anni siriani. È curdo. È in fuga verso l’Italia. Ha pagato salato un’organizzazione per realizzare questo suo sogno… Che ne sarà di lui?di Shady Hamadi
«Shady è la terza volta che ti squilla il telefono, rispondi». Vado a vedere chi continuava a fare persistentemente squillare il mio cellulare.Vedo sullo schermo del telefonino un numero con il prefisso +306, che poi scopro essere quello greco. «Strano!» mi dico, non ho nessun parente o amico in Grecia e vedendo tre chiamate sul mio telefonino decido di richiamare quel numero. Quando dall’altra parte qualcuno ha risposto non volevo credeere alle mie orecchie: era Hashim, il mio insegnante privato di lingua araba ai tempi di quando ero a studiare in Siria. Gli domando: «Hashim, come fai ad essere in Grecia? Tu non hai il passaporto!». E lui ribatte: «Ho trovato un’altra via: della gente, a cui ho pagato 11mila dollari, mi farà arrivare in Italia dove lavorando otterrò la cittadinanza».
Quando ero in Siria a studiare arabo, Hashim si era fatto un nome tra noi studenti europei perché era un uomo di cultura e un perfetto insegnante di arabo classico e un giorno decisi anch’io di andare al suo corso. Hashim durante le nostre lezioni, che quasi sempre finivano in chiacchierate di storia e politica, mi aveva raccontato di essere un curdo siriano e che da generazioni c’erano curdi in Siria che non avevano la cittadinanza perché i loro padri o nonni tanti anni fa avevano provato a rivendicare l’autonomia del popolo curdo in Siria e per boicottare il governo decisero di non pagare le tasse. Per tutta risposta il governo li aveva privati della possibilità di avere la cittadinanza siriana.
Qualche giorno dopo decido di chiamare Hashim per sentire come sta. Un paio di squilli e risponde subito. «Pronto Hashim come stai? Come hai fatto ad arrivare in Grecia?». Con voce affannata mi dice: «Tutto bene Shady? quando al confine tra Siria e Turchia agli uomini di questa organizzazione ho pagato il prezzo che avevamo concordato, mi hanno dato un passaporto turco con un visto di entrata in Grecia e mi hanno detto che da lì venire in Italia sarebbe stato un gioco da ragazzi. Ma da giorni sono qua chiuso in una casa. Non ti preoccupare, chiamami domani».
Richiamo il giorno dopo ma il cellulare è spento. Provo a chiamare tutti i giorni per 15 giorni. Nulla. Silenzio. Non sapevo dove sbattere la testa e cosa pensare.Quante storie avevo sentito al tg di immigrati che arrivavano dalla Grecia stipati come bestie nei camion! Finalmente dopo settimane che non sentivo Hashim mi sono ritrovato una sua chiamata sul cellulare.
Richiamo subito. «Hashim dove sei?»; e lui: «Shady, sono ad Atene. Mi hanno arrestato e messo in carcere perché non avevo i documenti in regola. Sono uscito di prigione non so come, ieri. Ho parlato con gli uomini dell’organizzazione e mi hanno detto che tra 20 giorni sarò a Milano, ma devo aspettare».
Ho parlato con Hashim almeno 4 o 5 volte nei successivi 20 giorni per non farlo sentire solo. Il 25 gennaio scorso ho chiamato speranzoso di avere la grande notizia e sono rimasto allibito quando mi ha detto: «Shady mi hanno detto che devo aspettare almeno altri 20 giorni, ancora!».
Che dire? Mentre io scrivo queste righe penso al mio professore che è ancora rinchiuso in una casa in Grecia insieme a chissà quanti in attesa della prossima bugia di questi criminali. Ad Hashim è stata negata la cittadinanza in una terra dove è nato e che considera casa sua. È scappato cercando qua in Italia una cittadinanza che viene negata persino a chi è nato qua da genitori immigrati, che parla italiano e non conosce altra cultura se non quella italiana…

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