Non profit

Hub Rovereto, la piazza dell’innovazione fa il pieno di soci

Gli ideatori? Due antropologi e un bocconiano

di Redazione

Creare comunità professionali e favorire i nuovi business legati alla sostenibilità nelle sue varie declinazioni. Un obiettivo ambizioso che però ha i piedi assai piantati per terra, radicati nello spazio che la cooperativa ha realizzato, l’Hub di Rovereto. Hub, proprio come gli snodi del traffico aereo. Punti in cui incrociare idee e progetti, favorendone il cammino e la riuscita. «Offriamo postazioni di lavoro complete di connessione e sala riunioni per facilitare il co-working», spiega Paolo Campagnano (nella foto), 29enne milanese trasferitosi a Rovereto dopo aver contribuito a fondare l’Hub meneghino e dopo due anni trascorsi in quello londinese (sono in tutto una trentina gli hub nel mondo, per lo più in grandi metropoli). Paolo è tornato in Italia e ha fondato, assieme a due coetanei, la realtà trentina.
«L’idea è quella di mettere in relazione e favorire la conoscenza tra professionisti diversi, persone che hanno un progetto, che cercano partner per realizzarlo o per definire il modello del loro business». Un business che può essere o meno senza scopo di lucro. «L’essenziale è che sia coerente con l’idea di sostenibilità cui ci ispiriamo e che abbia voglia di mettersi in rete, di fare innovazione sociale, di lanciarsi in progetti sfidanti». Con queste premesse (e anche grazie a soluzioni logistiche decisamente raffinate e gradevoli), i tre giovani fondatori (Campagnano e Dalia Macì sono antropologi, Jari Ognibene è un bocconiano) hanno saputo attrarre molto interesse nei confronti della cooperativa nata nel 2010, e non solo in quel di Rovereto. «L’Hub ha circa 70 membri, l’età dei quali è molto variabile. Abbiamo un socio che ha 17 anni. Inoltre abbiamo associato, oltre ai privati, delle associazioni di terzo settore, delle imprese di vario tipo che si occupano di design o di software libero. Da qualche settimana abbiamo anche cinque soci sovventori di Iban, che si sono affiancati ai due soci di capitale che avevamo già e che provengono dalle nostre reti familiari». Iban non è l’acronimo necessario per i conti correnti bancari, ma il network degli Italian Business Angels, alcuni dei quali si sono innamorati dell’Hub. «Sono investitori informali in capitale di rischio e hanno pensato di investire in noi anche perché in questo modo possono conoscere i progetti nuovi che sono in corso di elaborazione e valutarli», visto che l’Hub di Rovereto «intende essere al servizio dell’intera provincia, che ha una grande sensibilità per la sostenibilità, una lunga tradizione cooperativa e vive in modo profondo la propria dimensione comunitaria», sottolinea Campagnano. Anche grazie all’arrivo di nuovi soci di capitale, l’Hub si è appena spostato in un ambiente più grande e quindi potenzialmente più attrattivo, anche se va pur sempre tenuto presente «che è un modello di business che non può crescere all’infinito. Anche se ci fosse uno spazio enorme, c’è pur sempre la necessità di coltivare relazioni con tutti i membri», conclude il presidente.

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