Non profit

I bonus? Agganciamoli alla sostenibilità

Un'idea vincente. Ma troppo poco praticata in Europa

di Redazione

Eurosif ha analizzato le 300 società quotate più grandi d’Europa. Soltanto poco più di una società quotata su quattro in Europa (il 29%) collega in qualche maniera le remunerazioni ad indicatori socio-ambientali. Un risultato deludente. Anche se qualche caso
di eccellenza non manca
Al di là di ogni bilancio sociale, codice etico o certificazione, la vera sfida per un’impresa che intende integrare nella propria attività criteri e principi di Csr (corporate social responsability) è calarli nel quotidiano. È una sfida prima di tutto culturale, ma esistono alcuni strumenti gestionali che almeno potenzialmente hanno la capacità di incidere sul grado di responsabilità sociale dei comportamenti aziendali. Uno di questi consiste nel collegare le remunerazioni, in primo luogo dell’alta dirigenza, con il conseguimento di determinate performance non economiche ma sociali e ambientali.

Una pratica poco praticata
Quante sono, però, le società attrezzate in questo senso, che hanno cioè inserito nei sistemi di Mbo (“management by objectives”, definiscono specifici obiettivi da conseguire e gli incentivi collegati al loro conseguimento) indicatori legati a risultati di carattere sociale, ambientale o di corporate governance, detti appunto indicatori Esg? Ha provato a dare una risposta a questa domanda un’indagine appena condotta da Eurosif, il forum dei forum europei che promuovono la finanza etica. Che ha analizzato le 300 società quotate più grandi d’Europa, facenti parte dell’indice azionario Ftse Eurofirst 300 Index, rilevando che il collegamento tra remunerazioni e performance Esg è ancora lungi dall’essere una pratica ampiamente diffusa.

Solo una su quattro
Dall’indagine è emerso che soltanto poco più di una società quotata su quattro in Europa (il 29%) collega in qualche maniera le remunerazioni ad indicatori socio-ambientali.
Ciò avviene ancora più raramente fra le società finanziarie, proprio quelle che più sono state criticate, negli Stati Uniti come in Europa, per aver concesso ai propri manager bonus e incentivi a livelli stratosferici, eccessivamente appiattiti su orizzonti di breve periodo, che hanno stimolato comportamenti rischiosi e affatto ispirati a sani e prudenti principi di sostenibilità: solo il 16% delle società finanziarie esaminate nell’indagine di Eurosif, infatti, dispone di sistemi di remunerazione collegati ad indicatori Esg.
Per restare invece in Italia, uno studio realizzato dal Csr manager network poco più di un anno fa su oltre sessanta società quotate, aveva rilevato che incentivi per i manager di stimolo a comportamenti socio-ambientali erano presenti in circa un quinto delle imprese.
Da noi come in Europa c’è dunque ancora parecchia strada da fare, anche se la questione è all’attenzione di un numero crescente di società. «Attualmente c’è una quota marginale della retribuzione variabile collegata ad indicatori non finanziari come la customer satisfaction o l’andamento dei reclami», dice Francesco Mereu, Csr manager di Gruppo Mps, che da circa tre anni utilizza indicatori non finanziari nella determinazione delle remunerazioni, non solo a livello di figure manageriali. «In vista del prossimo bilancio di sostenibilità», prosegue Mereu, «stiamo conducendo un ulteriore approfondimento, con l’obiettivo di affinare il sistema di misurazione delle performance. Stiamo lavorando su un ampio spettro di indicatori, ad esempio lo sviluppo delle competenze, la reputazione, le emissioni di CO2, i consumi energetici. Occorre capire se sono sufficientemente solidi e adatti ad essere utilizzati per assegnare degli obiettivi».

Un indicatore da provare
Non è detto, poi, che l’introduzione di un legame diretto tra indicatori di performance Esg e remunerazioni determini di per sé un più alto livello di responsabilità sociale di un’impresa, che sia cioè automaticamente efficace. «Il tema è sicuramente interessante», spiega Carlo Delmenico, direttore responsabilità sociale di Sma (Gruppo Auchan), che pubblicherà quest’anno il suo primo bilancio sociale, «ma va inquadrato in quelle che sono le normali logiche con cui sono costruiti i sistemi di Mbo, in cui si utilizzano di solito indicatori, rilevanti e attendibili, già entrati a far parte della cultura aziendale. Come tutte le forme d’incentivazione, anche l’utilizzo di questo tipo di indicatori ha una sua logica, ma funziona se la parte di conoscenza e formazione culturale all’interno dell’impresa è già stata fatta».

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