Non profit

I giovani: astemi da soli, ubriachi in gruppo. Perché?

di Redazione

Dilaga come un’onda la voglia di vietare, e a girare le città sembra d’essere tornati ai tempi delle gabelle. C’è la gabella degli autovelox, c’è quella che si paga a Venezia se si mangia il panino in strada, e poi il divieto, cominciato a Monza, di consumare bevande alcoliche dopo le 2. Che dire? Vietare, vietare, vietare. Più si vieta e più si è a posto. Ma il problema dei giovani che bevono superalcolici siamo sicuri d’averlo risolto? Io no. Anzi, il gusto del proibito ha sempre creato fascino.
Ora, non sono della schiera che considera i giovani babbei. Mai nessuno ha pensato a una comunicazione che allarghi un dialogo sui pericoli al fisico? Uno di quegli argomenti che entrano nelle scuole e diventano anche una chiacchierata in piazza? Da poco ho scoperto un sito divertente. Si chiama www.yesnot.eu e chiunque può “postare” una domanda che poi diventa oggetto di votazione: sì, no. Be’, io ne ho postati un paio, subito. Il primo sulla cucina molecolare, e la maggioranza ha risposto di non avere motivi validi per dire che è nociva. Il secondo, sul divieto di bere alcolici dopo le due di notte, è stato un testa a testa. Dunque non tutti i divieti sono immediatamente ben accetti, anche perché davanti a un divieto io vedo il retro, ossia la de-responsabilizzazione di chi lo fa. Metto una legge e sono a posto, come se il problema fosse quello di creare un grande regime, che non sfida l’intelligenza della gente, men che meno dei giovani. Ma perché non partire dalla causa? Siamo sicuri che i giovani siano ubriaconi? Non lo sono, anzi, quando pranzano non chiedono necessariamente alcolici. Li vogliono invece quando sono in branco, per ostentare più che per gustare. L’alcol riempie il vuoto del gusto di stare insieme. Una volta c’erano gli oratori, oggi sostituiti con i centri estivi. Ma la differenza c’è: i primi partivano da un’ipotesi affettuosa; i secondi, spesso, sono parcheggi. Non si entra più nel merito della qualità del tempo libero: un parcheggio è un parcheggio. E poi si scopre l’alcol… e altri riempitivi del grande assente: l’affetto per me.

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