Volontariato
I nostri servizi segreti? Una pacchia per Al Qaeda
Il ruolo degli 007 dalla lotta alla povertà al terrorismo. Le cimici nellufficio di Kofi Annan. I contrasti con il premier sullIraq. Fino alla politica attuale (di Clare Short).
di Redazione

Si è parlato molto di ?intelligence? negli ultimi 18 mesi. Ma, al di là dei romanzi di Le Carré, penso che pochi di voi riescano a immaginare come funzioni nel quotidiano. La conseguenza è che la parola intelligence viene usata, equivocando, per sostenere che l?élite politica ha accesso a informazioni precluse ai comuni mortali. Nelle settimane precedenti alla guerra in Iraq erano in molti a sostenere che Blair “doveva sapere qualcosa” che i più ignoravano. Per questo voglio cercare di spiegare come funziona l?intelligence per i ministri che cercano di decifrarla e usarla in maniera legittima.
Ai tempi del crollo del muro di Berlino e della liberazione di Nelson Mandela, nella generale euforia non apprezzammo quale grande sfida quei cambiamenti ponessero a chi si occupava di politica estera e istituzioni internazionali. Venivamo da un lungo periodo in cui era stata la guerra fredda a stabilire le priorità militari, diplomatiche e di intelligence.
Quando sono diventata ministro per lo Sviluppo e gli affari umanitari, sulla mia scrivania venivano depositate regolarmente informative su Paesi dell?Africa e dell?Asia. Ma poche erano utili ai nostri scopi, e il mio ministero in generale riservava poca attenzione all?intelligence. Di tanto in tanto, però, il direttore del Servizio segreto informativo mi mandava a chiamare. Voleva discutere di come aiutare il dipartimento per lo Sviluppo. Erano chiacchierate piacevoli che concludevo sempre con una presa in giro sul fatto che la guerra fredda era finita, che i suoi agenti cercavano un nuovo lavoro e che io non ero disposta ad assumerli. Col passare del tempo, focalizzai la mia azione sulla necessità di bloccare i conflitti armati, che negli anni 90 causavano destabilizzazione politica specie in Africa.
Dimenticare l?Africa
Fu in quel periodo che il capo dei servizi venne di nuovo a trovarmi. Disse che aveva poche risorse per l?Africa ma che avrebbe voluto fare di più. Che era interessato alla prevenzione dei conflitti e che la sua agenzia aveva accesso immediato ai presidenti africani. Era un approccio diverso, e cominciammo a lavorare insieme per capire da dove arrivavano le armi, i soldi e la corruzione. Col tempo, costruimmo un rapporto basato sul reciproco rispetto e sulla convinzione che se avessimo potuto fare qualcosa per fermare le guerre e ridurre la povertà avremmo contribuito a rendere il mondo più giusto.
Poi venne l?11 settembre, e il mio amico fu obbligato a mettere da parte l?Africa per concentrarsi sulla minaccia del terrorismo. Il primo responso della comunità internazionale agli attentati fu più saggio della ?guerra al terrore? che venne poi. Subito dopo l?11 settembre il Consiglio di sicurezza dell?Onu chiese a tutti i Paesi di bloccare il riciclaggio di denaro per mettere in difficoltà Al Qaeda. Ci fu l?azione contro Bin Laden in Afghanistan, e a conflitto finito l?Onu lavorò con la Banca mondiale per creare nuove istituzioni.
La cooperazione internazionale cominciò invece a incrinarsi quando negli Stati Uniti si iniziò a invocare una guerra contro l?Iraq. Molti membri dell?amministrazione che tentavano da tempo di eliminare Saddam decisero di far credere al loro Paese che Al Qaeda si nascondeva in Iraq per poter fare la guerra. Ma il nostro Primo ministro ci assicurò che avremmo agito solo attraverso l?Onu. Considerando che le sanzioni Onu stavano causando enormi sofferenze all?Iraq, ero favorevole ad agire attraverso le Nazioni Unite. Ma i tamburi di guerra suonavano sempre più forte.
Il resto è storia, triste storia. La tragedia è che la Gran Bretagna avrebbe potuto insistere per portare avanti la road map salvando molte vite ed evitando il caos in Iraq e il rafforzamento di Al Qaeda che è seguito alla guerra. Oltre a questo, temo che la deliberata marginalizzazione dell?Onu abbia causato l?incapacità di prepararsi per ciò che sarebbe venuto dopo l?inevitabile vittoria lampo. Tony Blair mi persuase a rimanere nel governo con la promessa che avremmo internazionalizzato il sostegno a una ricostruzione diretta dagli iracheni. Purtroppo, però, il nostro primo ministro non se l?è sentita di battersi per una vera leadership dell?Onu. Da ciò deriva il caos che oggi regna in Iraq.
Spiando Kofi Annan
Sono certa che avremmo potuto gestire la questione irachena se avessimo imparato dalle guerre del passato. Oggi è chiaro che gli Stati Uniti hanno fissato una data per la guerra e che noi li abbiamo seguiti. Non abbiamo formalmente accusato Saddam Hussein né esplorato le alternative alla guerra che suggerivano le Chiese americane. Ma sono convinta che l?errore è stato dei politici, non dei servizi segreti. L?attività di spionaggio su Kofi Annan è una nota a pie? di pagina. Il Primo ministro sostiene che sono stata irresponsabile a rivelarla. Ma la questione è se sia giusto o no spiare Kofi Annan.
Oggi il mondo è ancora più amaramente diviso. Ventimila iracheni e molti soldati americani e inglesi sono morti. Le terribili stragi in Palestina e in Israele continuano, e Al Qaeda è più forte. I nostri servizi hanno più soldi e più uomini e non vanno più in giro a cercare lavoro. L?Africa è scivolata in fondo all?agenda.
Sono certa che la politica attuale non abbia speranze di successo. Dobbiamo tornare alla giustizia e all?aiuto allo sviluppo per scongiurare i pericoli del mondo. La domanda è quanto ci vorrà, e quanta sofferenza e odio scorreranno, prima che ci arriviamo.
Clare Short
traduzione di Carlotta Jesi
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