Non profit

I soldi hanno smesso di fare profitto

Gli economisti non ne prendono consapevolezza. Perché?

di Redazione

Tutto è producibile o consumabile con il nullaosta dei soldi. I quali però tendono a difendere se stessi molto più di chiunque abbia bisogno di essi. Dispiace osservare come tutti i generi di prima necessità siano producibili in quantità tali che potrebbero soddisfarne la domanda a livello mondiale, e come invece ciò non accada. Perché, quando emergono inconvenienti nella distribuzione della ricchezza chiaramente imputabili al sistema del denaro, qualsiasi possibile rimedio viene sempre e comunque ricercato all’interno dello stesso sistema, al quale viene quindi riconosciuto, di fatto, il raro pregio di essere intangibile e non suscettibile di alcun miglioramento? La domanda non va sottovalutata.

La zona rossa dell’economia
Un profitto che merita questo nome deve trovare riscontro ? deve poter essere speso ? in beni e servizi esistenti e accessibili, in assenza dei quali qualunque somma di denaro perderebbe ovviamente il suo significato. La “faccia” non monetaria del profitto è sempre quella sostanziale. Eppure, se un’impresa con una capacità produttiva in eccesso decidesse, per esempio, di sfruttare questa sua potenzialità contribuendo gratuitamente (senza contropartita monetaria) al benessere di una comunità indigente, i numeri dei suoi costi supererebbero quelli dei suoi ricavi e, nonostante le prove del profitto sostanziale conseguito, si troverebbe sicuramente destinata al fallimento.
Data l’attuale centralità della figura del consumatore, perché a un disoccupato non si consente di consumare gratuitamente beni prodotti nell’ambito di un certo numero di settori e, al tempo stesso, di svolgere altrettanto gratuitamente un’attività produttiva in qualsiasi settore? La domanda è solo apparentemente paradossale. Un disoccupato danneggia se stesso poiché non può consumare, e danneggia anche il sistema poiché non è messo in condizione di produrre. Un occupato, invece ? un individuo dedito a una qualunque occupazione utile ?, produce l’effetto opposto. Per quale ragione qualsiasi tipo di ricchezza deve poter essere misurata dai numeri del denaro quando, per misurarla, sarebbero sufficienti il peso e il significato personale e sociale dei beni di cui si ha la proprietà nonché la responsabilità attribuita dalle cose possedute a chi le possiede? Il ruolo di un buon imprenditore non verrebbe in alcun modo sminuito dall’impossibilità da parte sua di conoscere quanto vale, in moneta, la sua azienda. E continuerebbe a essere, a sentirsi e a venire reputato “ricco” in un modo che non cesserebbe di risultare strettamente collegato con le sue capacità gestionali e con il risultato produttivo dell’impresa di cui si trova alla guida. Di quesiti simili potrebbero esserne formulati molti altri. Sto forse vagheggiando una morte imminente del denaro? No, ne sto immaginando una fine adeguatamente programmata. Oltre al fatto che non viviamo nel migliore dei mondi possibili, voglio solo sottolineare che ragioni pratiche e teoriche suggeriscono da un lato di guardare con un po’ di senso critico gli esiti effettivi del sistema del denaro, dall’altro di considerare con un minimo di fiducia l’ipotesi che la situazione non sia immodificabile.

Aria nuova
Esistono forze storiche che indeboliscono il denaro, che ne intaccano affidabilità e funzionalità in modo lento ma progressivo. Ma è sotto gli occhi di tutti anche come possano verificarsi crisi tanto gravi da mettere improvvisamente e pericolosamente a rischio lo strumento e tutto il suo maestoso impianto. Dico pericolosamente perché dubito che il mondo si troverebbe pronto a fronteggiare la condizione ? l’improvvisa eventualità ? di non poter più contare su un parametro così importante per il suo funzionamento. Per questo occorre prepararsi. Da una parte abbiamo un concetto di mercato che sopravvive da secoli sul piano ideale e che non rinuncia a voler confermare la propria superiorità sul piano operativo. Dall’altra parte, però, la piena affermazione del concetto appare poco compatibile con episodi sistematici di creazione e distruzione di moneta destinati a premiare e a punire chiunque in modo erratico. Da un lato abbiamo un’idea di mercato che non si rassegna a rimanere un’idea, dall’altro abbiamo vecchie abitudini che, come tali, chiedono di essere cambiate e non violentate.

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