Idee Coscienza civile

In memoria di Giulia e Gianni, il nostro “grazie” ai soccorritori

La tragica morte di due volontari della Misericordia di Terranuova Bracciolini (Ar) ci fa riflettere sul valore, talvolta non adeguatamente riconosciuto, di questa leva generosa. E una proposta: ringraziarli, quando li incontriamo

di Giampaolo Cerri

Incidente sulla A1, un camion si schianta sui mezzi incolonnati: tre morti a bordo di un'ambulanza, 15 feriti - Arezzo 4 Agosto 2025 Cronaca (Foto Ufficio Stampa Vigili del Fuoco)

Soccorritore, parola quasi di un altro tempo. Evoca catastrofi naturali, valanghe, malesseri improvvisi, incidenti stradali. Il soccorritore, la soccorritrice, stanno sulle ambulanze e sono, anche per questo, forse i volontari più formati, addestrati, competenti: conoscono il primo soccorso, sanno usare un defibrillatore, sanno se e come rimuovere un corpo traumatizzato o ferito.

Volontari competenti

In condizioni di emergenza estrema, la sirena che ne annuncia l’arrivo rassicura chi è a rischio, gli fa intravedere la possibilità di superare un incidente, gli fan pensare che il dolore sofferto, la paura provata saranno presto solo un ricordo, anzi non lo saranno più neppure.

Perché quando arrivano, sono rapidi, attenti, scrupolosi, i soccorritori. Non si fanno prendere dall’agitazione, si muovono secondo i protocolli, col conforto dell’esperienza, delle cose viste e sapute, magari sofferte, ché si è tutti uomini e donne, e vedere star male o, talvolta, veder morire, non lascia indifferenti, anzi. Magari si piange per la tensione o per la tristezza, dopo un servizio particolarmente drammatico ma si è pronti a ricominciare al turno successivo, facendo tesoro anche di quella tensione e di quella tristezza.

Foto dalla pagina Facebook della Misericordia di Terranuova B. Il secondo i piedi, da destra, è Gianni Trappolini, morto lunedì nel tragico incidente sull’A4

Sono spesso giovani, i soccorritori, le soccorritrici. Forse perché l’essere d’aiuto in condizioni talvolta estreme è risposta a quel desiderio di darsi agli altri che è proprio dei 20 anni.

Le notti e le domeniche in attesa di una chiamata, sperando che non arrivi mai

Spendono le notti o le domeniche assieme, in attesa di una chiamata, sperando che non arrivi mai. Nascono amicizie storiche, e amori a volte, perché la prova, l’agire nell’emergenza, l’esser gomito a gomito, sentire le stesse paure, affratella o fa scoprire d’esser fatti gli uni per gli altri. E per sempre.

Sono un patrimonio di questo Paese, i soccorritori, una grande, silenziosa leva generosa: ci sono da sempre e neppure ci immagineremmo di poter far senza. Forse, anche per questo, non sono valorizzati abbastanza, non sono mai mainstrem: non si trova poi spesso un cantante o un’attrice che si faccia un selfie con loro dicendo: «Vorrei portare anche io il vostro giaccone catarifrangente, raga».

Per questo quando scopriamo, come ieri sull’autostrada A1, che anche loro muoiono, che anche loro sono vittime, che anche loro soffrono, rimaniamo sbigottiti. E ci piglia lo sconforto.

Dinnanzi alle lamiere contorte dell’ambulanza della Misericordia di Terranuova Bracciolini, così spaventose da far immaginare, sulle prime, un salto di carreggiata dal camion-omicida, davanti al silenzio irreale dei primi video condivisi sui social, viene da pensare a quanto, talvolta, la vita sia misteriosamente ingiusta.

Uno sguardo di gratitudine

Ci viene da indugiare su Giulia e Gianni, i volontari caduti, e sulle loro esistenze brutalmente troncate, sui loro affetti, sui loro progetti, che non conosceremo mai, sul loro desiderio di donarsi agli altri, a quanti soffrono appunto in situazioni d’emergenza o, come nel servizio di quel giorno, semplici e ordinarie: spostare un paziente da un ospedale all’altro. Ci viene da realizzare amaramente che Giulia e Gianni hanno impegnato la vita per gli altri ma che sono morti.

Nessun loro collega li ha potuti aiutare, non un confratello della Misericordia, né un volontario delle Pubbliche assistenze e della Croce Rossa. Ne saranno intervenuti, e chissà quanti, gettando uno sguardo rabbioso, incredulo, attonito, impotente, a quel groviglio informe, prima di raccogliere, curare e trasportare gli altri numerosi feriti.

E allora quando li rivedremo, i soccorritori, quando capiterà di incrociarne l’impegno e il lavoro, guardiamoli con gratitudine e con simpatia. E magari dire loro “grazie” potrebbe essere un gesto semplice di vicinanza vera.

In questa nota della Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia, il cordoglio del presidente Domenico Giani: leggi qui.

Nella foto di apertura, dell’Ufficio stampa VV.UU/LaPresse, il relitto dell’ambulanza distrutta.

Nessuno ti regala niente, noi sì

Hai letto questo articolo liberamente, senza essere bloccato dopo le prime righe. Ti è piaciuto? L’hai trovato interessante e utile? Gli articoli online di VITA sono in larga parte accessibili gratuitamente. Ci teniamo sia così per sempre, perché l’informazione è un diritto di tutti. E possiamo farlo grazie al supporto di chi si abbona.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive