Idee Narrazioni

Lo sguardo limpido dei bambini di fronte a un’altra guerra

Negli ultimi anni, quello tra Israele e Iran è il terzo conflitto importante. Per i bambini è inconcepibile una guerra, figuriamoci tre. Per loro la soluzione è molto semplice: è una parola di quattro lettere che inizia con la P e finisce con la E

di Ilaria Dioguardi

Vado a prenderlo al centro estivo e, mentre si rinfresca con un ghiacciolo all’amarena, gli racconto che, nella notte, è iniziata un’altra guerra, tra Israele e Iran. «Ma perché? Non stavano già in guerra Israele e Palestina, e Ucraina e Russia? Perché a queste persone è venuto in mente di farne un’altra di guerra? Mamma, mi spieghi?». Di fronte a queste domande io non so rispondere subito a mio figlio, 10 anni, che mi guarda tra l’arrabbiato, il dispiaciuto e l’incredulo. Mi prendo qualche secondo per mettere insieme le parole.

Dopo poco mi dice: «Ho portato sfortuna». Non capisco e, vedendo i miei occhi a punto interrogativo mi spiega: «Ti ricordi? Un po’ di tempo fa pensavo che la “guerra dei dazi” fosse una guerra, e ora un’altra guerra c’è per davvero». Come si fa a spiegare l’ennesimo conflitto a un bambino che, dopo l’attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre di due anni fa, mi chiese se la guerra tra Ucraina e Russia era finita perché «mica ci possono essere due guerre grosse, o no?». Che in questo periodo riempie di cuoricini i biglietti con la scritta “Ti voglio bene mamma”? Che non tollera alcun piccolo gesto o parola di violenza e prepotenza dei compagni?


Il suo pensiero va subito ai suoi coetanei, costretti in quei Paesi a vivere una guerra. «Vorrei dire a tutti loro che spero finisca presto e che vorrei poterla fermare». A casa mi confida: «Mi piacerebbe poter scrivere una lettera ai bambini israeliani e iracheni». Ha da poco un “amico di penna”, ha scoperto la bellezza di confidarsi, di fare domande e di ricevere, dopo un po’ di giorni, altre confidenze, risposte e domande a cui rispondere. Gli piacerebbe molto potersi rendere utile in qualche modo, anche solo con qualche parola di conforto e di affetto.


«Non posso mandare una lettera, so che non arriverebbe mai a destinazione. Se potessi spedirla, ai bambini che vivono nei Paesi in guerra scriverei una parola e basta, solo di quella avrebbero bisogno ora: Pace. E scriverei la poesia Promemoria di Gianni Rodari: “Ci sono cose da fare ogni giorno: lavarsi, studiare, giocare, preparare la tavola a mezzogiorno. Ci sono cose da fare di notte: chiudere gli occhi, dormire, avere sogni da sognare, orecchie per non sentire. Ci sono cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra: per esempio la guerra”».

E si mette a giocare: «Ho in mente una storia da fare con i Lego sulla guerra, ma le mie storie finiscono sempre bene…». Il giorno dopo mi chiede se la guerra è finita.

Foto di apertura di Oliver Sharp su Unsplash

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