Idee Formazione per il Terzo settore

Più che l’ipertecnica serve far imparare lo sguardo critico

Il segretario generale di Fondazione Euricse, ente che da quasi 30 anni organizza un apprezzato master in "Gestione delle imprese sociali", riflette su quanto lo scenario dell'economia sociale sia mutato e di come le risposte formative debbano adeguarsi a esigenze nuove

di Gianluca Salvatori

La formazione, in un contesto di economia sociale, Terzo settore, organizzazioni non profit, filantropia o comunque si voglia dire, è un tema ricorrente. Non c’è riunione in cui, prima o poi, non emerga. E nessuno naturalmente si sogna di negarne l’importanza. Eppure, in concreto, domanda e offerta di formazione restano deboli, e anche quando si manifestano, l’incontro non è sempre facile. 

Riflettendo sull’esperienza del master di gestione dell’impresa sociale di Euricse, che, con i suoi quasi trent’anni di vita, è tra i più longevi in Italia, si ha la percezione molto chiara di quanto il paesaggio sia cambiato.

sociale
Gianluca Salvatori, segretario generale
di Euricse

All’inizio, quel percorso nasceva in un clima in cui stavano prendendo forma nuove pratiche, nuove istituzioni, nuove forme di democrazia economica. La formazione era concepita come un modo per dare metodo all’azione; per fornire strumenti gestionali aggiornati a chi, spinto da forti motivazioni valoriali, desiderava operare nel campo della solidarietà e dell’impegno civico. Era un tempo in cui nuove iniziative – basti pensare alla cooperazione sociale – si sviluppavano all’interno di un movimento culturale e politico in larga parte coeso (almeno rispetto agli standard odierni), animato da ideali condivisi, radicato nei territori e sostenuto da una comunità partecipe. In quel contesto, la formazione manageriale serviva soprattutto a sistematizzare pratiche innovative già esistenti, a dare struttura e visione a un fermento spontaneo che chiedeva solo di essere valorizzato.

Uno scenario mutato

Oggi, quasi tre decenni dopo, lo scenario è profondamente mutato. L’ambiente in cui si muovono le organizzazioni dell’economia sociale è diventato più complesso, meno prevedibile, spesso più competitivo. Sono almeno quattro i cambiamenti che hanno inciso in maniera profonda: l’affermazione di un paradigma economico dominante refrattario ai valori fondativi del Terzo settore, delle cooperative, delle imprese sociali; le conseguenze dell’affermarsi di teorie – come il  New Public Management – che hanno promosso una visione del settore pubblico fortemente orientata  verso esternalizzazioni, privatizzazioni e l’adozione di una logica aziendalistica nella produzione di servizi pubblici; l’ampliamento degli ambiti d’intervento del terzo settore e delle altre organizzazioni dell’economia sociale, sempre più coinvolte in sfide imprenditoriali in ambiti non più serviti dall’intervento pubblico; e, infine, l’uscita di scena della generazione dei fondatori, che ha lasciato un vuoto difficile da colmare, soprattutto sul piano della visione politica e della capacità di leadership valoriale.

Non basta trasmettere competenze gestionali

In questo contesto, la formazione tradizionale non basta più. Trasmettere competenze gestionali, sebbene ancora necessario, non è sufficiente a rispondere alle sfide del tempo presente. Occorre, piuttosto, ripartire dai fondamentali e ricostruire un quadro complessivo, includendo le tessere che nel passato si consideravano scontate, perché presenti nell’aria che si respirava. Perciò oggi occorre rigenerare una conoscenza riguardo alle specificità e ai tratti caratteristici delle organizzazioni che compongono il settore, ed al tempo stesso serve offrire nuove chiavi di lettura per interpretare la realtà in cui quelle organizzazioni agiscono. Per arrivare infine a proporre gli strumenti gestionali più adeguati al nuovo contesto. È un lavoro profondo, che coinvolge non solo i giovani neoassunti ma anche chi è già attivo nel settore, spesso chiamato a rivedere il proprio bagaglio di conoscenze per affrontare nuovi scenari.

Prima ancora che di soft skill, abbiamo bisogno di hard vision. Ovvero di persone che sappiano leggere il cambiamento, misurarsi con i conflitti, progettare futuro. Non bastano gli strumenti di sostenibilità economico-finanziaria, se non sono accompagnati da una domanda etica: sostenibili per chi, e per cosa? Non basta sapere come si gestisce un’organizzazione, se non si sa perché esiste, e quale scenario si vuole costruire.

Imparare a costruire alleanze non solo a vincere bandi

Oggi, paradossalmente, ha meno senso specializzarsi su competenze ipertecniche. Quelle si possono acquistare, delegare, automatizzare. Quello che serve davvero è ciò che non si insegna nei manuali: capacità di fare rete, di guidare processi collettivi, di animare comunità. Serve leadership, sì — ma una leadership nuova, non accentratrice ma capace di costruire fiducia e visione in contesti sempre più frammentati e polarizzati.

Formare oggi significa assumersi la responsabilità di porre domande scomode, di allenare lo sguardo critico, di riscoprire il valore politico — nel senso più alto — dell’agire economico. Significa insegnare a costruire alleanze, non solo a vincere bandi. A generare impatto reale, non solo a misurarlo con indicatori vuoti. A rispondere a bisogni veri, non a costruirsi una nicchia di mercato.

Servono mappe nuove per attraversare territori sconosciuti. E serve farlo con lucidità e ambizione, rifiutando la logica dell’adattamento passivo, che trasforma anche l’economia sociale e il Terzo settore in una replica minore del profit.

Rivedi il convengo su Terzo settore e capitale umano, svoltosi il 23 maggio scorso alla Fondazione Marco Biagi di Modena e a cui ha partecipato anche l’autore di questo articolo.

La foto in apertura è tratta dal profilo Instagram di Euricse.

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.


La rivista dell’innovazione sociale.

Abbònati a VITA per leggere il magazine e accedere a contenuti
e funzionalità esclusive