Sostenibilità

Il cantiere Italia è in panne Ma di chi è davvero la colpa?

Falsi miti e veri numeri sui progetti infrastrutturali

di WWF Italia

Si dice che i ritardi siano dovuti ai contenziosi legali promossi dagli ambientalisti. Le cose stanno in maniera molto diversa. Ed è una questione di soldi Davvero il contenzioso sulla grandi opere è una delle cause principali o addirittura “la” causa dei ritardi del “Cantiere Italia”? È la domanda che sorge spontanea di fronte alle vessatorie iniziative parlamentari che vogliono inibire, nella sostanza, l’accesso alla giustizia amministrativa delle associazioni ambientaliste (vedi articolo a pag. II).
Diciamo subito che questo assunto non viene confermato da tutte le più importanti indagini e studi istituzionali, allegati alle deliberazioni della Corte dei Conti e dell’Autorità sui contratti pubblici, e neanche dai tre Rapporti (elaborati nel 2004,  2005 e 2007) dal Servizio Studi della Camera dei Deputati – con la collaborazione dell’Istituto Nova e del Cresme, l’istituto di ricerca in campo edilizio più  autorevole d’Italia -, che dovrebbero essere l’abc per seri e documentati rappresentanti delle istituzioni.
Anzi, tutti gli studi e le indagini individuano tra i maggiori problemi per lo sviluppo infrastrutturale del Paese: a) la mancata definizione di una programmazione economico-finanziaria credibile da parte dello Stato degli interventi per la realizzazione delle infrastrutture strategiche e l’assenza di un unico centro di controllo e monitoraggio sull’attuazione del Primo Programma delle “infrastrutture strategiche”; b) la scarsa qualità e la indefinitezza della progettazione delle grandi opere e degli stessi studi di fattibilità, che spesso non contengono un credibile calcolo costi-benefici dal punto di vista economico, sociale e ambientale; c) il reiterato tentativo da parte dei general contractor, dei concessionari e comunque delle grandi aziende di costruzione di abusare delle varianti in corso d’opera, derivanti dalla progettazione approssimativa, dilatando molto spesso in maniera abnorme costi e tempi di realizzazione a carico e a discapito di quanto richiesto della pubblica amministrazione e rischiando di alimentare oltre ogni misura la catena dei subappalti.
In realtà, come si sa ormai da tempo, il Programma delle infrastrutture strategiche, concepito otto anni fa dal terzo governo Berlusconi, è scoppiato in mano ai suoi autori. Infatti, dapprima, la legge Obiettivo era stata concepita per velocizzare l’iter di un numero limitato di assi prioritari, poi con il Primo programma delle infrastrutture strategiche (delibera Cipe n. 121/2001) si disse che questo contasse un elenco di circa 90 corridoi per un costo di 125,8 miliardi di euro, mentre oggi si apprende – proprio dal terzo Rapporto sull’attuazione della legge Obiettivo del Servizio studi della Camera dei deputati – che, grazie agli errori iniziali di valutazione e anche a causa del gioco al rialzo delle Regioni, il programma include 243 opere per 534 progetti dal costo complessivo di 305 miliardi di euro (all’aprile 2007). Solo nel triennio 2009-2011 il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’apposito allegato al Dpef, approvato nel giugno 2008, preconizzava nuovi investimenti in infrastrutture per 46 miliardi di euro di cui 14 pubblici (con la fantasiosa idea che gli altri 32 vengano dai privati e dall’Europa). Nella legge Finanziaria 2009 sono stati reperiti 2 miliardi e 300 milioni per oltre il 90% per coprire i vecchi impegni e così è anche per i 3-4 miliardi di euro reperiti nei fondi Fas. Come si vede, il piatto piange a dirotto, il debito pubblico galoppa ma il governo in carica pensa ancora al ponte sullo Stretto di Messina dal costo di 6,1 miliardi, un'”opera-bandiera” che nemmeno la bufera della crisi riesce a far ripiegare.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.