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Il cavallo di Kafka letto da due star dei Taviani Due riflessioni dal seminario

di Redazione

Durante il seminario di letteratura svolto a Rebibbia nell’ambito del progetto “Teledidattica in carcere” e attivato con la facoltà di Scienze del Turismo dell’Università di Tor Vergata, i detenuti si sono confrontati con alcuni testi di Kafka. In particolare, i racconti Contingenza annunciata e Il prossimo villaggio. I miei alunni detenuti mi hanno saputo sorprendere. In particolare, affrontando Il prossimo villaggio la discussione con loro mi ha infatti comunicato altre verità rispetto a quelle che io consideravo acquisite, aspetti meno evidenti e più affascinanti, in particolare sul tema del tempo e della memoria. Scrive Kafka: «Mio nonno soleva dire: La vita è straordinariamente corta. Ora, nel ricordo, mi si contrae a tal punto che, per esempio, non riesco quasi a comprendere come un giovane possa decidersi ad andare a cavallo sino al prossimo villaggio senza temere (prescindendo da una disgrazia) che perfino lo spazio di tempo, in cui si svolge felicemente e comunemente una vita, possa bastare anche lontanamente a una simile cavalcata…». Protagonista del racconto è il cavallo, il suo correre a briglie sciolte, rappresentazione di una dimensione più profonda.
Ecco un brano delle riflessioni scritte da Giovanni Arcuri, il Cesare nel film dei Taviani, e da Cosimo Rega, che ha interpretato Cassio.

Giovanni Arcuri:
«I miei ricordi senza colore»
«Noi in carcere conserviamo sempre un ricordo immutabile di chi muore o di chi è lontano. Ho trascorso questi anni di detenzione ricordando in modo anacronistico i miei amici, i miei parenti, le mie donne, ricordandoli nella loro gioventù, ormai conservata soltanto da me, e cambierò le loro immagini nella mia mente soltanto se un giorno potrò sostituirle con quelle reali, soltanto se potrò rivederle. Nel caos di occhi sinceri, bocche indulgenti e dolci, distinguo persone appartenenti al passato, che una volta riempivano il quadro della mia esistenza.
Tutto si muove incolore, senza un ordine di spazio e di tempo. Ne riconosco tanti, ma non tutti. Mi salutano, mi sorridono, mi fissano intensamente come l’ultima volta che li ho visti. Quelli che non ci sono più come il mio amico hanno lo stesso privilegio di essere rimasti nella mia mente più giovani e più belli di quelli che erano al momento della loro morte. Forse è per questo che ora mi sorridono: in fondo desideriamo sempre che gli altri ci ricordino belli e giovani dopo la nostra scomparsa».

Cosimo Rega:
«Viva la giovinezza incosciente»
«Credo che Kafka in questo breve racconto Il prossimo villaggio voglia dire che nei giovani è raro che si possa manifestare la paura che la vita possa fermarsi. Che lo spazio tempo possa avere un limite. L’incoscienza, l’innocenza dell’essere giovane forte conduce spesso in una dimensione dove il tempo è interminabile. Solo nell’età avanzata, quando ci si ferma e si cerca di fare un bilancio della propria vita ci si accorge che gli anni sono trascorsi, sono volati veloci, che forse avremmo potuto fare e dare di più, ma la vita purtroppo ci sfugge velocemente dalle mani».

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