Non profit

Il dilemma del convegnista

di Redazione

“Convegnista” (sia nel senso di chi partecipa che di chi organizza) è una professione che andrebbe inserita nella lista dei mestieri usuranti. Non solo perché spesso si assiste a convegni dove la qualità dei contenuti e quella organizzativa lasciano a desiderare, ma anche per il sovraccarico relazionale legato al moltiplicarsi di eventi collaterali (gli incontri informali nel corridoio o al buffet) che prendono il sopravvento.
Eppure il terzo settore è stato costruito anche attraverso i convegni: dalle conferenze nazionali sul volontariato fino alle convention della cooperazione sociale. Certo le cose sono cambiate, e di molto, rispetto alla stagione “storica” di fine anni 80/inizio 90, quando questi appuntamenti erano l’occasione per contarsi e per marcare l’identità, grazie anche ad un rapporto stretto con il mondo della produzione scientifica.
Oggi c’è una convegnistica rivolta ad addetti ai lavori il più possibile selezionati per favorire lo scambio di informazioni ed esperienze, oppure, ultima tendenza in ordine di tempo, l’organizzazione di convegni all’interno di contesti di più ampio respiro (i vari festival che ormai spuntano un po’ in tutta Italia). Sui contenuti invece si seguono due strade principali: da una parte la definizione degli scenari, soprattutto di breve/medio periodo e riguardanti i macro settori di attività o il sistema socioeconomico nel suo complesso; dall’altra l’approfondimento di tematiche specifiche, spesso utilizzando un setting da workshop. Sul primo fronte la stagione autunnale si apre con due eventi che, a proposito di qualità organizzativa, si terranno negli stessi giorni: 16 e 17 ottobre. Si tratta delle Giornate di Bertinoro, in provincia di Forlì e del convegno/assemblea «Terzo settore: gli errori, il futuro» a Roma. Due modi molto diversi di fare scenario.
Nella rocca forlivese l’obiettivo è di contestualizzare il ruolo degli attori dell’economia civile all’interno delle dinamiche socioeconomiche e politiche (quest’anno la “società del rischio”). A Roma si discuterà del futuro del terzo settore. Pars destruens che lascia poche speranze: il terzo settore succube della politica, imprenditore per caso e senza cultura propria. E quella construens? Si ripartirà da una “carta per il futuro”. A Bertinoro non nascondono la dimensione istituzionale. L’evento romano promette invece che «non ci saranno maestri» (anche se a me sembra di intravedere il maestro unico). A voi la scelta.

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