Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Riflessioni

Il Dio degli eserciti è tornato?

In questi giorni di carneficine che senso ha avuto la preghiera universale organizzata dal Mean il 14 ottobre con tutte le confessioni religiose ucraine a Kiev, in piazza Santa Sophia? Il senso di mettere al centro l’umano nel suo grido a Dio. Siamo stati in piazza per invocarlo insieme, perché ci aiuti a fermare il disumano che avanza negli eserciti e nei potenti del mondo. Ci ha sentito? Sì, ecco perchè

di Angelo Moretti

Il momento di preghiera interreligiosa in Piazza Santa Sophia a Kiev

“Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissate, che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi?”, si chiede il salmista. Ma non solo lui, anche il “pilota di guerra” cantato da De Gregori (ispirato probabilmente alla storia del pilota-scrittore Saint-Exupéry) se lo domanda prima di sganciare una bomba sulle città che si scorgono sotto la pancia del suo aereo.

A vedere le immagini che arrivano da Karkhiv, Gaza, Israele, Nagorno Karabakh, pare che sia tornato prepotente un Dio che pensavamo di aver lasciato per sempre nel Vecchio Testamento, “il Dio degli eserciti”. Era uno degli appellativi con cui il popolo di Israele chiama l’Onnipotente, quel “Dio di Abram, di Isacco e di Giacobbe” che, seguendo persona per persona, formava il suo popolo e che i suoi figli sentivano vicino anche nelle battaglie fisiche e non solo in quelle spirituali. Il Dio degli eserciti non era un “padre buono”, ma era il Dio del dominio del terribile che si manifestava con la crudeltà e la forza degli scontri tra forze militari perché, se tutto l’Universo era nelle sue mani, allora non poteva essere che gli eserciti sfuggissero al suo controllo. D’altronde, anche nei racconti dei nativi americani era vivo questo Dio. Nei diari dei sioux e dei navaho, e degli stessi Pilgrim Fathers che sbarcarono in America, ci sono tante testimonianze che descrivono di come quei popoli indigeni che ancora si scontravano con le frecce e con le asce ebbero a pensare che quel popolo di forestieri arrivati da una terra sconosciuta fosse espressione di una forza divina contenuta nella forza del fucile, una sorta di dei del fuoco.

Nei giorni più bui del terzo millennio in cui, in tante parti del mondo, si fanno stragi di civili inermi per mano di despoti, di terroristi e di autorità statali, si potrebbe dire che quel Dio che sembrava perduto stia tornando di nuovo all’attacco. Solo che adesso sappiamo tutti, dagli europei, agli asiatici, agli israeliti, ai nativi americani, che quell’Onnipotente in realtà siamo noi quando smarriamo la strada dell’umano.

Per la religione cristiana, Dio si è fatto uomo per condividere le nostre fragilità e superarle insieme a noi con l’amore incondizionato. Il vero dramma per tutte le religioni, Islam compreso, avviene quando l’uomo pensa di farsi Dio, come avviene oggi in un mondo attraversato da conflitti che non avvengono tra eserciti, ma tra eserciti e squadristi contro i civili del “popolo nemico”, neonati compresi.

Che senso ha avuto, in questo contesto, la preghiera universale organizzata dal Mean il 14 ottobre con tutte le confessioni religiose ucraine nella piazza religiosa principale di Kiev, Santa Sophia? Il senso di mettere al centro l’umano nel suo grido a Dio. Siamo stati in piazza per invocarlo insieme, perché ci aiuti a fermare il disumano che avanza negli eserciti e nei potenti del mondo.

Ci ha sentito? Siamo sicuri di sì. Interverrà? Dipende da noi. Il Dio della storia interviene nelle ferite del mondo, per chi lo vede e per chi non lo vede, portando pace un po’ alla volta. La mano violenta, invece, è visibile immediatamente a tutti e terrorizza finanche i bambini, a cui non risparmia le violenze.

Da quella preghiera universale può nascere un esercito mondiale di pacificatori, pronti a dichiarare il loro impegno simmetrico, ed al tempo stesso divergente, alla forza distruttiva della guerra. Con i loro corpi presenti dove le armi fischiano. Se è vero che un uomo solo sembra essere poca cosa nella grandezza del firmamento, è anche vero che un corpo disarmato contro un conflitto armato apre al “mistero”. Un mistero più profondo delle leggi che regolano l’universo, quel satyagraha di Gandhi, la  “forza della verità”, con cui il mondo può scegliere di andare avanti, se lo vuole.

Ed infatti Il 15 ottobre ci siamo incontrati al “Palazzo di Ottobre” a Majdan, in una sede degna del dottor Zivago, ed abbiamo parlato di come istituire un Corpo Civile di Pace Europeo, convocati lì non a caso da una splendida donna, la professoressa e portavoce del Mean Marianella Sclavi. C’erano in sala le rappresentanze di tutti, società civile europea ed ucraina, ispettori Osce, parlamentari italiani, Europarlamentari di diverse nazionalità, sindaci italiani e sindaci ucraini, parlamentari ucraini. Tutti abbiamo detto ad alta voce il nostro “Si! Lo vogliamo!”, vogliamo un Corpo Civile di Pace. Una nuova rivoluzione per un altro ottobre.

Allora Dio ci ha ascoltato? Non lo so, ma personalmente ho più che altro sentito che noi abbiamo ascoltato Lui ed il suo grido, abbiamo ascoltato quell’anelito nascosto nelle due bimbe che indossavano la bandiera della pace in piazza Santa Sophia e si mettevano in posa come due modelle, come due super eroine di un mondo nuovo.

Ora tocca a noi. O faremo avanzare i corpi civili di pace in tutto il mondo o soccomberemo al dio degli eserciti, credendo che basti delegare ad altri la soluzione e l’intervento, militare o penale che sia.

Ora tocca a noi, a noi civili, rispondere alla storia di questi giorni.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA