Mondo

Il Kenya all’ipermercato

Viaggio nel boom economico di Nairobi, una capitale ancora a metà del guado

di Redazione

Nel gennaio del 1996 con la collega Angela Virdò mi trovavo nella zona serba di Sarajevo. Eravamo gli unici stranieri. Angela mi sussurrò: «Per uscire sani e salvi da qui, abbiamo una sola possibilità. Andiamo al mercato e facciamo acquisti: una visita al mercato vale più dello studio di cento saggi di sociologia».

La legge del mercato
Questa lezione vale anche a Nairobi. Vuoi capire come funziona la città, dove va l?economia, quali sono gusti e tendenze? Visita una delle decine di filiali del Nakumatt, la più grande catena di ipermercati kenyani di proprietà indiana. Qui, secondo lo stile statunitense, trovi proprio tutto: dall?ago, all?automobile, dal gorgonzola ai mobili. Negozi Nakumatt aprono ogni mese, due o tre addirittura nello stesso quartiere. I proprietari hanno esordito pochi anni fa nel commercio con la vendita di materassi: un boom travolgente. Tra qualche mese il gruppo Nakumatt sarà quotato in borsa e l?elefante (simbolo della company) diventerà – a detta degli esperti – uno dei più importanti soggetti finanziari. La sua pubblicità inonda le case. Sabato e domenica intere famiglie vanno in processione al Nakumatt per ammirare televisori al plasma e telecamere portatili.

Lo stile Nakumatt è uno degli aspetti del contraddittorio boom economico che sta vivendo il Kenya, un Paese dove malgoverno e corruzione hanno provocato negli anni 90 una crisi economica gravissima. Oggi le esportazioni di caffè, thè, fiori (specialmente rose) e legno pregiato hanno superato le importazioni. Gli scellini kenyoti in meno di un anno si sono fortemente rivalutati persino su euro e dollaro. L?edilizia vola e il mercato immobiliare è frenetico. Le entrate del fisco sono raddoppiate mentre è caccia agli evasori, specialmente tra i ricchi uomini d?affari bianchi.

L?inflazione si è stabilizzata. Un volano di questo sviluppo economico è l?impetuosa crescita della borsa che ha trasformato Nairobi in uno dei mercati finanziari più redditizi del mondo: il principale indice della borsa locale ( Nse – Nairobi Stock Exchange ) è cresciuto infatti del 787 % rispetto al dollaro. Oggi tutti comprano e vendono titoli, anche gli agricoltori pronti a cedere il bestiame per entrare nel grande gioco. I rischi sono all?ordine del giorno. Il mercato azionario rimane comunque molto limitato: sono solo 50 infatti le società quotate mentre mancano leggi chiare e trasparenza.

Libertà di stampa
Nelle strade l?auto è uno status symbol, ma nessuna amministrazione locale a 40 anni dall?indipendenza è riuscita a costruire una nuova strada, una tangenziale in grado di smaltire il traffico pazzesco che per 12 ore al giorno (con punte di follia al mattino e alla sera) attanaglia senza pietà le vecchie arterie costruite dai colonialisti inglesi.

L?attuale presidente Mwai Kibaki ha dovuto rinunciare ad uno stipendio più alto di quello di Bush e di Gordon Brown proprio nel momento in cui il Parlamento stava per ratificarlo grazie alla denuncia del più autorevole quotidiano, il Daily Nation. La libertà di stampa – ironia della sorte – è stata introdotta proprio da Kibaki che ha anche assegnato allo Stato il compito dell?istruzione scolastica primaria uguale per tutti. Una svolta in un Paese dove tanti bambini fino a cinque anni fa non potevano mettere piede in un?aula perché non avevano soldi per comprare la divisa.

Atteggiamenti contraddittori dunque ma che nonostante tutto porteranno probabilmente alla riconferma di Kibaki alla presidenza nelle elezioni del prossimo dicembre. Questi segnali discordanti di ripresa e di speranza procedono a strappi violenti. Usciti dal mondo incantato del Nakumatt, Nairobi resta una metropoli complessa per i suoi 4 milioni di abitanti di cui due milioni e mezzo vivono disseminati nei 200 slums che la cingono d?assedio. Mentre la borsa vola, buona parte degli occupanti delle baraccopoli vive con meno di un euro al giorno. Intanto cresce la criminalità: nella sola Nairobi tra gennaio e marzo scorsi sono state uccise 55 persone nel corso di rapine d?auto. E nell?imminenza delle elezioni, tornano alla ribalta la mafia dei Mungiki: si dicono eredi dei gloriosi Mau Mau che guidarono la lotta per l?indipendenza dagli inglesi ma sono solo taglieggiatori violenti e senza scrupoli.

La grande sfida
In un polemico articolo pubblicato su Repubblica lo scorso 31 luglio, lo scrittore statunitense-nigeriano Uzodinma Ideala scrive: «?L?Africa non vuole essere salvata. Ciò che l?Africa chiede al mondo è il riconoscimento della sua capacità di avviare una crescita senza precedenti, sulla base di un vero e leale partenariato con gli altri membri della comunità globale». è la strada giusta ma anche irta di difficoltà perché sarà necessario che emerga una nuova e consapevole classe dirigente africana che faccia del bene comune, della ?res publica? il proprio credo, il proprio vangelo.

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