Mondo
Il Kenya sull’orlo del baratro
Il Paese africano confrontato a una gravissima siccit
di Redazione
Momento drammatico per il Kenya. Governo, gia’ secondo ogni evidenza molto poco rappresentativo se non minoritario, sempre piu’ travolto dagli scandali; mentre la siccita’ ha messo in ginocchio il Paese -tardivi, e lenti i soccorsi- dove 3,5 milioni di persone, ben oltre il 10 per cento della popolazione, sono a rischio di sopravvivenza.
Gia’ una cinquantina i morti per fame e malattie connesse, soprattutto bambini. E’ di ieri un disperato appello congiunto governo-Pam per l’immediato stanziamento di aiuti d’emergenza per almeno 221 milioni di dollari. L’ultimo colpo sull’esecutivo, gia’ piu’ che traballante, e’ venuto dalla Bbc. John Githongo, che era capo dell’ufficio indagini anticorruzione in Kenya -ruolo da cui fu ben presto rimosso, dopo le prime denunce, per poi essere costretto a fuggire a Londra- nella prima intervista da lui concessa ha confermato tutte le accuse contro i vertici governativi del Kenya, a partire dal presidente Mwai Kibaki, il quale quantomeno ha insabbiato le indagini. Ha inoltre fatto ascoltare la registrazione di un incontro con un ministro: piu’ che un dialogo, un esplicito ricatto.
Nel nastro, registrato segretamente da Githongo, si intende l’allora ministro per la Giustizia keniano Kiraitu Murungi dire al capo delle indagini sulla corruzione di ”rallentare” il suo interesse per lo scandalo ‘Anglo Leasing’ (contratti per centinaia di milioni di dollari, forse 300, a ditte fantasma per lavori mai eseguiti). Lo scopo era da ”facilitare” il rinnovo di un grosso debito contratto da suo padre per alcuni affari andati male.
La conversazione e’ del 2004; poco prima Githomo, in carica da meno di un anno, si era recato dal presidente Kibaki esponendogli -informalmente- la portata dello scandalo, ed indicandone i principali responsabili. Nessun incoraggiamento, poi l’incontro con Murungi, infine la rimozione con affidamento di altro incarico. Pochi mesi ancora, e le dimissioni definitive. Quindi a meta’ dello scorso anno Githongo, dopo aver ricevuto -sostiene- numerose minacce di morte vola a Londra e vi resta. Ora nella capitale britannica c’e’ una commissione parlamentare di inchiesta keniana che lo interroghera’, visto che non sembra ci fossero le condizioni di sicurezza per un rientro del capo dell’ufficio anticorruzione in patria.
Comunque, le accuse, non nuove, ma esplicitamente emerse un mese fa, sono chiare, e -malgrado i dinieghi delle personalita’ coinvolte- agli atti di una commissione che vi sta indagando, e con fermezza. Stando a quanto dichiarato da Githongo -che sembra abbia molte prove, ed ha mostrato alla Bbc un dossier di 36 pagine pieno di cifre e nomi- coinvolti nello scandalo, solo per fare i nomi principali, sono: Moody Awori, vicepresidente della Repubblica; David Mwirari, ministro delle Finanze (braccio destro storico del presidente Kibaki, l’unico che si e’ dimesso, pur proclamandosi innocente); Kiraitu Murungi, quello della registrazione, ma il suo nome era stato evocato prima; il capo dei servizi civili nazionali Francis Muthaura, e -il piu’ chiacchierato di tutti, se possibile- l’ex ministro dei Trasporti Chris Muranguru, che pero’ ha gia’ affermato che gli appalti sospetti di cui e’ accusato furono avallati da Kibaki in persona. In questo clima -e con i donatori che congelano i finanziamenti in attesa di chiarimenti- il governo tace e fa quadrato. Ma e’ un governo quasi fantasma.
Kibaki, infatti, e’ uscito duramente sconfitto lo scorso novembre da un referendum costituzionale, ed a quel punto la coalizione governativa -che aveva stravinto nelle elezioni della fine del 2002: al primo punto del programma la lotta alla corruzione- si e’ frantumata. Il presidente, dopo due mesi, ha messo in piedi a fatica un esecutivo di stretti collaboratori, molti dei quali, peraltro, hanno rifiutato gli incarichi. Difficile che in questa situazione, e col moltiplicarsi degli scandali, si possa arrivare alla scadenza elettorale naturale, fine 2007; ma Kibaki sembra arroccarsi, anche se con sempre minore seguito, mentre il paese appare sempre piu’ allo sbando.
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.