Con la consueta chiarezza, nelle prossime pagine Marco Vitale guida i lettori a capire i meandri di questa crisi che sembra giorno per giorno ingigantirsi e sfuggire a ogni controllo. Vitale si rifà a Pinocchio proponendo la metafora del Campo dei miracoli: quel luogo che non esiste ma che continua a illudere gli uomini. Il luogo dove i soldi si moltiplicano per magia, tra gli “oh” ammirati di tanti osservatori-pappagalli, stampa economica innanzitutto. Chi siano questi maneggioni planetari e quanto sia devstante la loro avidità lo aveva capito Luigi Einaudi, che li aveva bollati con parole implacabili all’indomani della grande crisi del 29. «L’incanto c’è stato, e non è ancora rotto; ma è l’incanto degli scemi, dei farabutti e dei superbi», scriveva Einaudi. Che poi si premurava di non scoraggiare gli uomini del suo tempo e indicava le virtù necessarie (e ben presenti nella società) per ripartire. Occorre, diceva, «l’applicazione inventiva dei sopravvissuti». Bella questa espressione, in cui quella parte di uomini che ha creduto più alla realtà che alla carta, che ha avuto l’intelligenza pratica di non credere ai miraggi, può riconoscersi. E riconoscersi con legittimo orgoglio. Applicazione e inventiva: è il konw how dell’economia vera, su cui puntare e da cui ripartire.
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