Non profit

Il microcreditocon il paracadute Su un capitale di 4.600 milioni, la Banca centroamericana di integrazione economica ne riserva 360 allo sviluppo dellecomunità rurali. Ma solo se le ong garantiscono di Chiara Sirna

Guatemala Parla Victor Manuel De Paz, supervisore dell'ente

di Redazione

Con i suoi cinque Paesi fondatori e il sostegno di soci extraregionali come Messico, Cina, Argentina, Colombia e Spagna, la Bcie – Banca centroamericana di integrazione economica è il polmone finanziario più importante del Centroamerica. Con una mano investe per sostenere il commercio estero e la corsa della globalizzazione, con l’altra punta a sviluppare il microcredito e appoggiare le piccole e medio imprese rurali o indigene. Tanto da sponsorizzare il convegno organizzato dalla Cooperazione italiana a Città del Guatemala il 4 e 5 dicembre scorsi sui temi dello sviluppo in Centroamerica e nei Paesi andini. E presidiare i gruppi di lavoro pomeridiani su microcredito, microfinanza ed economia solidale.
«Abbiamo due canali di intervento», precisa Victor Manuel De Paz, supervisore dei progetti della Bcie, «da un lato far crescere i Paesi della nostra area geografica, dall’altro puntare al sostegno delle comunità locali». Scopi inconciliabili per qualcuno, indivisibili per i membri dell’istituto. Dalle cui casse vengono elargiti prestiti che variano da 100 a 3mila dollari, per un totale di 18mila beneficiari attivi, «soprattutto contadini». Molti dei quali in Guatemala.
Vita: Cosa si fa con 100 dollari?
Victor Manuel De Paz: Il piccolo produttore compra le materie prime e le rivende. Con il ricavato accende un altro prestito, riacquista materiale e innesca pian piano un meccanismo di guadagno. Così si genera economia di scala.
Vita: Con che tasso di interesse?
De Paz: Siamo al 7,2%, ma al netto si scende al 6,5.
Vita: Spesso sono i tassi di interesse a soffocare i piccoli produttori…
De Paz: I piccoli produttori hanno sempre saldato i loro debiti.
Vita: Come li selezionate?
De Paz: Collaboriamo con 117 realtà tra ong, cooperative e associazioni. Sono loro a fare da tramite e anche da garanti a volte.
Vita: Cosa succede se un piccolo produttore non salda il proprio conto?
De Paz: I progetti che finanziamo sono di sviluppo della comunità, quindi è la comunità a intervenire e riassorbire il problema. Noi rafforziamo il contorno. Oppure le ong se ne prendono carico.
Vita: Su un capitale complessivo di 4.600 milioni di dollari, 360 milioni sono investiti in microcredito, meno del 10%…
De Paz: Siamo a 360 milioni in Centroamerica, di cui 119 in Guatemala. Il fondo si autoalimenta, si può parlare di una quota complessiva del 22-24%. Ma noi applichiamo certi valori anche nell’utilizzo dei normali strumenti finanziari. Per esempio ora stiamo sviluppando industrie di energia pulita. Una commissione di esperti certifica, per ogni progetto, i danni ambientali e alla comunità. Inoltre ogni governo ha un rappresentante nel nostro consiglio.
Vita: I Paesi soci devono pagare una “tassa di iscrizione”. Si parla di cifre anche superiori ai 100 milioni di dollari.
De Paz: Sono le condizioni per entrare.
Vita: La Bcie è quotata in Borsa da 12 anni. Una condizione che in certi casi è difficile da conciliare con la responsabilità sociale…
De Paz: Abbiamo un comportamento poco aggressivo, non ci assumiamo rischi che possano danneggiare i nostri beneficiari, né seguiamo operazioni particolarmente speculative. Ci serve a migliorare gli indici di qualificazione internazionale. Se risulti affidabile sul mercato, i Paesi ti aiutano.

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