Data la poca confusione che regna nella scuola italiana, sentivamo il bisogno di qualcosa di nuovo e provocante. Perciò la battuta estemporanea del Ministro Profumo è stata accolta tra le ovazioni generali del mondo cattolico. Sarebbe troppo semplice dire dei sì e dei no. Come sarebbe troppo facile dare del quasi ignorante al Ministro.
Una cosa, però, deve essere chiara ed impegnativa per tutti. Non possiamo più dimenticarci che gli allievi delle nostre scuole sono cambiati radicalmente, e non sono allievi italiani ed europei.
L’Italia non è più l’Italietta del secolo scorso. Nell’aula, spesse volte, abbiamo gente di mezzo mondo che dobbiamo conoscere, rispettare, non solo nei riguardi della fede. Storie, culture, costumi, tradizioni, lingue, dialetti, trasmigrazioni, obbligano tutti a rivedere modi, contenuti, rapporti, programmi.
Spero tanto che le facoltà universitarie delegate a preparare i docenti di tutte le discipline, si siano attrezzate e adeguate alle esigenze e alle richieste formative ed educative di questa enorme popolazione in costante espansione e dalla quale dipende il nostro futuro.
Forse il Ministro, ancora influenzato dalla vecchia visione dell’ora di religione, non si è accorto di quanto gli insegnanti si siano aperti all’ecumenismo per un verso e al rispetto delle altre fedi, per un altro.
Non è facile capire questi cambiamenti né per i genitori e tanto meno per i nostri giovani. Perciò non è la revisione dei programmi che adeguerà l’ora ai veri problemi culturali e religiosi dei cristiani e dei cattolici…
La fatica gigantesca che andrà fatta, in un momento di profondi smarrimenti sociali consiste nel confrontare la nostra identità cristiana con le altre esperienze religiose, altrettanto importanti per i giovani che ci interpellano.
L’equilibrio, la chiarezza, la conoscenza, la pazienza e la testimonianza personale del docente, valgono molto di più dei programmi e dei cambiamenti affrettati. Comunque il problema esiste, come esiste il problema della scuola in generale.
Gli adolescenti sono tutti lì. E l’adolescenza è il periodo più delicato per i nostri figli. La scuola, forse, non l’ha ancora capito.
L’avrà capito, invece, il Ministro?
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